Rocce di plastica: l’essere umano è entrato definitivamente nel ciclo geologico

di Chiara Anzolini
  • Obiettivo Primario: 14 - Vita sott'acqua
  • Obiettivo Secondario: 15 - Vita sulla Terra
  • Materie: Scienze della terra, Biologia, Chimica

Rocce di plastica: l’essere umano è entrato definitivamente nel ciclo geologico

Da anni si parla della possibilità di definire l’epoca geologica in cui stiamo vivendo “Antropocene”, per indicare che clima e ambiente sono fortemente influenzati dall’attività umana. I geologi di tutto il mondo stanno ancora dibattendo su dove porre l’inizio di quest’epoca, ma il fatto che l’influenza dell’essere umano sia ormai entrata a far parte del ciclo litologico sembra non lasciare più spazio a dubbi: lo scorso settembre, infatti, un gruppo di ricerca brasiliano ha annunciato di aver rinvenuto delle rocce di plastica sulle spiagge dell’isola di Trindade, nell’Oceano Atlantico.

 

La scoperta è resa ancor più terrificante dal fatto che l’isola di Trindade era considerata un paradiso incontaminato. Non solo si tratta di uno dei siti più importanti al mondo per la protezione della tartaruga verde (Chelonia mydas), una specie consideratain pericolo dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN), che ogni anno vi depone le uova, ma soprattutto è quasi disabitata: sull’isola c’è solo una manciata di esseri umani, appartenenti alla marina brasiliana. Questa è quindi l’ennesima dimostrazione di quanto la plastica abbia ormai invaso tutto il Pianeta.

Dopo aver condotto diverse analisi chimiche per determinare l’origine delle plastiche, gli autori dello studio sono giunti alla conclusione che l’inquinamento proviene principalmente dalle reti da pesca, detriti molto comuni sulle spiagge dell’isola di Trindade. Le reti, trascinate dalle correnti marine, si accumulano sulla spiaggia e col caldo si sciolgono, venendo così incorporate nelle rocce vulcaniche di cui è formata l’isola. A queste rocce è stato dato il nome di plastiglomerati, perché costituite da una miscela di granuli sedimentari e altri detriti tenuti insieme dalla plastica.

Non è però la prima volta che si sente parlare di plastiglomerati. Le prime rocce di plastica sono state ritrovate nel 2014 alle Hawaii: in quel caso si erano formate a partire da plastiche fuse a causa dei falò accesi sulle spiagge. A queste si aggiungono le piroplastiche, descritte per la prima volta in Inghilterra nel 2019 e dall’origine tuttora incerta: potrebbero derivare anch’esse dai fuochi da campo oppure essere ciò che rimane di vecchie discariche. Infine, ci sono le plasticroste, incrostazioni di polietilene che si inglobano nelle rocce come gomme da masticare sui marciapiedi.

I ricercatori non sono ancora sicuri degli impatti dei plastiglomerati su ambiente e salute. La plastica bruciata può infatti contenere alte concentrazioni di elementi potenzialmente tossici, come piombo e cromo, derivati dai pigmenti utilizzati per tingere i materiali. Quel che è certo è che la plastica sta lentamente conquistando ogni anfratto della Terra e, sepolta e inglobata dai sedimenti, può entrare nel ciclo geologico delle rocce e sopravvivere anche per milioni di anni. Il rischio sempre più concreto è che rifiuti e inquinamento siano un domani l’unica triste eredità lasciata dalla specie umana sul nostro bel pianeta blu.

 

Attività da proporre alla classe

Dopo aver approfondito individualmente le pubblicazioni scientifiche raggiungibili tramite i collegamenti nel testo, e averne discusso in classe con l’insegnante, prova a disegnare un ciclo delle rocce 2.0: esso deve quindi includere, oltre alle già note rocce sedimentarie, magmatiche e metamorfiche, le rocce di plastica prodotte dall’uomo: plastiglomerati, piroplastiche e plasticroste.