Perdersi in un bicchiere d'acqua

di Edwige Pezzulli

  • Obiettivo Primario: 6 - Acqua pulita e servizi igienico sanitari
  • Materia: Scienze della Terra, Chimica e Biologia

Bere acqua fresca, pulita e limpida è un’azione che ci appare semplice e scontata. Si tratta in realtà di un’impresa dispendiosa, sia in termini di risorse sia di energie. Tra la fonte e il rubinetto succedono molte cose, vediamo quali.

 

Non solo acqua

Definita dalla normativa italiana ed europea come acqua destinata al consumo umano, l’acqua potabile è quella che beviamo o consumiamo tramite i cibi, ma soprattutto quella che usiamo per la nostra igiene, per lavare noi, le stoviglie, la casa.
Affinché sia potabile, l’acqua deve essere incolore, insapore, inodore, limpida e trasparente e contenere sostanze o microrganismi patogeni in minime quantità (definite per legge), in modo da non rappresentare dei rischi per la salute. I livelli di purezza richiesti dalle normative variano però da paese a paese: non è un caso che in alcuni Stati ci venga sconsigliato di bere acqua dal rubinetto.
Attualmente, circa mezzo miliardo di persone nel mondo non ha accesso a fonti sicure di acqua potabile. Due miliardi di individui, invece, per averla sono obbligati a compiere viaggi di almeno trenta minuti.

 

Acqua da bagno

Ne beviamo circa un litro e mezzo al giorno ma ne usiamo molta di più. La quantità d'acqua prelevata in Italia ogni anno per uso potabile ammonta a quasi 10 miliardi di metri cubi, all’incirca il contenuto di un grande lago, come quello di Bolsena.
Se ci sembra tanta, pensiamo che l’acqua destinata al consumo umano rappresenta solo il 27% di quella prelevata. Circa il 50% infatti è impiegato per uso agricolo, e poco più del 20% per uso industriale. Se dividiamo l’acqua del lago di Bolsena per il numero di abitanti del nostro Paese, troviamo che ognuno di noi utilizza in media 419 litri di acqua al giorno. Si tratta di un numero che varia molto da nazione a nazione. In Madagascar, per esempio, una persona ne ha mediamente a disposizione solo dieci.
Ma che ci facciamo con tutta quest’acqua, se ne beviamo meno di due litri al giorno? Laviamo i piatti, ci facciamo la doccia, prepariamo da mangiare e… andiamo al bagno. Sembrerà strano, ma una delle attività più dispendiose in termini di litri consumati è proprio quella di tirare lo sciacquone, scaricando direttamente nel WC fino al 30% dell’acqua potabile che abbiamo a disposizione.

 

Una rete bucata

Dei 419 litri di acqua giornalieri che vengono prelevati per ognuno di noi, nelle nostre case ne arrivano solo 237. La differenza è di 182 litri, una vasca da bagno piena fino all’orlo che perdiamo ogni giorno senza nemmeno accorgercene. Infatti, mentre arriva nelle nostre case, il 40% dell’acqua si disperde a causa di una rete idrica nazionale vecchia e inefficiente, per il 60% con più di 30 anni di vita alle spalle.
A differenza di quanto si possa credere, le grandi perdite non rappresentano un problema significativo. Le condotte nelle quali scorre l’acqua sono infatti in pressione e quella che fuoriesce affiora di conseguenza in superficie. Le rotture che provocano grandi perdite vengono quindi facilmente identificate e riparate per evitare danni alle abitazioni e problemi al traffico. Le perdite più piccole, invece, assomigliano a delle gocce cinesi quasi invisibili: l'acqua che fuoriesce si infiltra nel terreno e i guasti non vengono così rilevati, rappresentando un piccolo rubinetto aperto che rilascia piccole quantità di acqua, ma a lungo nel tempo.

 

Sostenibilità del ciclo idrico

Allo spreco più evidente della risorsa idrica in sé va affiancato quello più nascosto di energia.
L’acqua che usiamo viene infatti prima di tutto prelevata dall’ambiente, per lo più da acque sotterranee che nascono dalle infiltrazioni nel terreno di precipitazioni. In alcuni casi queste acque affiorano naturalmente in superficie dando vita alle sorgenti, ma più spesso restano nelle falde idriche e devono quindi essere prelevate da pozzi più o meno profondi. I sistemi di pompaggio, alimentati da energia elettrica prodotta in larga parte da fonti fossili, producono un’emissione in atmosfera sia di anidride carbonica che di altri elementi inquinanti.
Qualunque sia la fonte, poi, l’acqua deve essere potabilizzata attraverso trattamenti fisici e chimici che servono a rimuovere le sostanze e i microrganismi indesiderati come le particelle solide, batteri e virus patogeni o gli inquinanti artificiali. Questi trattamenti, che richiedono anch’essi energia, sono più o meno dispendiosi a seconda della qualità dell’acqua che abbiamo prelevato - da qui l’importanza, in primis, di evitare l’inquinamento delle acque.
Infine, l’acqua viene immessa all’interno di tubazioni, posizionate nel terreno a 1-2 metri di profondità, che la trasportano fino ai centri abitati. La rete di tubazioni è estremamente lunga, anche decine di chilometri, e nei centri abitati si divide in molte tubazioni più piccole, fino a raggiungere i rubinetti delle utenze. Salvo casi più fortunati, per far muovere l’acqua nelle tubazioni di un acquedotto occorre utilizzare ancora degli impianti di pompaggio, alimentati mediante energia elettrica.

 

Mare, mare

Per poterla usare, l’acqua dobbiamo prima di tutto averla. Un tempo se ne parlava come di un bene disponibile all’infinito, oggi sappiamo che i cambiamenti climatici influenzeranno sempre più negativamente questa risorsa. Le temperature mediamente più calde, soprattutto in estate, ridurranno la disponibilità di acqua a causa della maggior evaporazione, e anche le piante ne avranno sempre più bisogno, aumentando la richiesta irrigua. In alcuni paesi, come quelli nordeuropei, questo deficit potrebbe essere compensato da un aumento delle precipitazioni, ma nell’area mediterranea si prevedono riduzioni delle piogge, che sono all’origine di tutte le fonti d’acqua a noi disponibili.
Più del 70% della superficie terrestre è però ricoperta d’acqua, anche se per lo più salata. Esistono delle tecniche per renderla potabile, tecnologie di dissalazione molto più efficienti di quelle usate in passato; un tempo, infatti, la dissalazione veniva realizzata mediante evaporazione, un processo che necessita di molta energia. Attualmente la tecnologia prevalente è quella dell’osmosi inversa, che sfrutta particolari membrane chiamate semipermeabili per filtrare e purificare l’acqua. Anche se questa tecnologia è relativamente efficiente, al momento è competitiva soprattutto in regioni dove non si riesce a reperire acqua da altre fonti più convenzionali.
Sebbene la ricerca scientifica sulla potabilizzazione porterà ulteriori avanzamenti, è molto più razionale ridurre gli sprechi di acqua piuttosto che guardare al mare come fonte idrica alternativa. Affidarsi unicamente a soluzioni tecnologiche quando si affrontano problemi legati alla sostenibilità significa semplicemente spostare il problema: il cambiamento climatico, che influenzerà sempre di più le questioni legate all’approvvigionamento idrico, è strettamente legato ai consumi (soprattutto in termini energetici) della nostra società, che avvengono a ritmi insostenibili. Occorrerebbe prendere coscienza di questo atteggiamento e limitare quantomeno i consumi non essenziali: smettere di usare l’acqua potabile laddove non necessario, per esempio per lo sciacquone del WC o per irrigare un giardino.
La riduzione degli sprechi di acqua è un caso emblematico di come sia possibile limitare il nostro impatto sull’ambiente senza intaccare il nostro livello di benessere, imparando a modificare il nostro approccio per preservare una delle risorse essenziali per la vita sulla Terra.

 

 

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