Cambiamenti climatici e dieta: che alternative abbiamo?

di Ylenia Nicolini
  • Obiettivo Primario: 13 - Lotta al cambiamento climatico
  • Obiettivo Secondario: 12 - Consumo e produzione responsabili
  • Obiettivo Secondario: 3 - Salute e benessere
  • Obiettivo Secondario: 15 - Vita sulla terra
  • Materia: Biologia e Scienze della Terra

Cambiamenti climatici e dieta: che alternative abbiamo?

Durante la COP26, circa 200 Paesi hanno aderito al “Patto per il clima”, attraverso il quale è stata ribadita l’urgenza di azzerare le emissioni nette di CO2 (nonché di altri gas serra, GHG) entro il 2050 e limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C entro il 2100. 


Finora, per ridurre tali emissioni, ci si è concentrati sulla ricerca di alternative rinnovabili all’uso dei combustibili fossili, i principali responsabili dell’aumento dei gas serra. Le fonti di energia rinnovabili, i veicoli elettrici, una migliorata efficienza energetica, ecc. hanno sì un ruolo determinante nella riduzione dei livelli di carbonio atmosferico, tuttavia, anche se si eliminassero tutte le emissioni provenienti dal settore energetico, dell’industria e dei trasporti, ciò non basterebbe a contenere il riscaldamento globale entro il tetto massimo di 1,5°C. Per quale motivo? 


Perché anche il sistema alimentare mondiale, responsabile di circa il 30% delle emissioni globali,  rappresenta una delle principali fonti di emissione di gas serra! Il cibo di cui ci nutriamo, infatti, deve essere allevato oppure coltivato, raccolto o catturato, per poi essere trasportato, trasformato, confezionato, distribuito e cucinato; gli scarti, inoltre, devono essere smaltiti. Ciascuno di questi step, oltre a richiedere energia, determina emissioni di gas serra di origine antropica. 


Il sistema alimentare mondiale contribuisce alle emissioni globali in svariati modi: mediante la deforestazione (Figura 1), che determina il rilascio nell’ambiente di CO2 (diossido di carbonio) e N2O (protossido di azoto); la produzione e l’impiego di fertilizzanti e di altri prodotti agrochimici che liberano CO2, N2O e CH4 (metano); la fermentazione enterica nei ruminanti da allevamento (bovini, Figura 2, e ovicaprini), che emettono soprattutto CH4; la produzione di riso nelle risaie, con liberazione di CH4; le deiezioni zootecniche, principale fonte di N2O e CH4; l’impiego di combustibili fossili durante il processo produttivo e lungo le filiere alimentari, con conseguente rilascio di CO2.

deforestazione

Figura 1. Pratiche di deforestazione per fare spazio all’agricoltura.

ruminanti

Figura 2. I ruminanti da allevamento emettono elevate quantità di gas serra; circa il 50% di tali emissioni è costituito da gas metano derivante soprattutto dalla fermentazione enterica.

Ciò significa che, se le emissioni di gas serra derivanti da tutti gli altri settori fossero immediatamente arrestate e portate a zero da ora sino al 2100, le sole emissioni provenienti dal settore alimentare, con molta probabilità, porterebbero a superare il limite di 1,5°C tra il 2051 e il 2063.

Per ridurre le emissioni di GHG del sistema alimentare mondiale si potrebbero però sfruttare queste cinque strategie:

1) adottare, a livello globale, una dieta ricca di alimenti a base vegetale contenente quantità moderate di latticini, uova e carne (come la dieta mediterranea, Figura 3); 2) adeguare, a livello globale, il consumo calorico pro capite a uno stile di vita sano; 3) incrementare il rendimento delle colture attraverso il miglioramento genetico delle specie agro-alimentari e mediante una maggiore efficienza delle tecniche agronomiche; 4) ridurre lo spreco alimentare del 50%; 5) ridurre l’intensità delle emissioni di GHG in atmosfera aumentando l’efficienza produttiva del sistema alimentare (per esempio sfruttando l’agricoltura di precisione e l’innovazione tecnologica).

 

dieta

Figura 3. La dieta mediterranea predilige un’abbondanza di cibi di origine vegetale (frutta, verdura, pasta, cereali, legumi) e un moderato consumo di cibi di origine animale.

Se da un lato, da ora al 2100, si modificassero poco a poco e individualmente il tipo di dieta e il consumo calorico, limitando lo spreco di cibo, e dall’altro si aumentasse la resa delle colture, migliorando l’efficienza energetica di tutta la filiera, si potrebbero ridurre le emissioni di GHG dal 14 al 48%, a patto che tali strategie siano pienamente adottate entro il 2050. Se le strategie sopra elencate fossero parzialmente messe in atto, per esempio se ciascuna fosse adottata al 50%, le emissioni cumulative potrebbero essere ridotte addirittura del 63%. La piena adozione di tutte e cinque le strategie, però, potrebbe garantire un sistema alimentare con emissioni cumulative di GHG persino negative, considerando le azioni di cattura e sequestro di carbonio attuabili attraverso il suolo.


Tutte le attività umane responsabili dell’emissione di gas serra hanno un impatto diretto sul clima. Ciò significa che, per non oltrepassare il limite di 1,5°C, una maggiore quantità di emissioni dal sistema alimentare implicherebbe una minore quantità di emissioni da altri settori, e viceversa. Tuttavia, ciò che emerge dai dati più recenti è che, anche se riducessimo o azzerassimo le emissioni derivanti da carbone, petrolio e gas naturale, i GHG rilasciati dalla catena di produzione del cibo non consentirebbero di raggiungere gli obiettivi di 1,5 e 2°C entro la fine del secolo. Adottare tutte le strategie di riforma del sistema alimentare, però, consentirebbe di ridurre drasticamente le emissioni legate alla produzione di cibo e di  raggiungere l’obiettivo prefissato entro il 2050.


In uno scenario di questo tipo, non vanno inoltre trascurati i potenziali vantaggi della riformulazione del sistema alimentare per le società. In aggiunta ai benefici climatici, infatti, questi cambiamenti nel sistema produttivo potranno contribuire al raggiungimento di alcuni degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) definiti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, tra cui porre fine alla fame e alla povertà, limitare l’inquinamento da nutrienti e il consumo idrico, favorire l’uso sostenibile del suolo, proteggere e rispettare la biodiversità, ridurre malattie come l’obesità, il diabete, problemi cardiovascolari ecc. grazie a un’alimentazione equilibrata e sostenibile e a un apporto calorico in linea con il proprio fabbisogno energetico.


 

Attività da proporre alla classe

Con il termine “dieta sostenibile” ci si riferisce a “quelle diete a basso impatto ambientale, che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale e di vita sana per le generazioni presenti e future” (FAO, 2010). Si tratta quindi di un tipo di dieta che rispetta le biodiversità e gli ecosistemi proteggendoli, ma che nel contempo consente di mantenersi in un buono stato di salute. In che modo, una dieta sostenibile, può favorire la trasformazione del sistema agroalimentare?

Realizza una ricerca in Internet e prepara una presentazione in pptx che illustri il legame tra il tipo di dieta seguito e il concetto di sostenibilità; proponi, infine, un piano alimentare settimanale basato sugli ingredienti della dieta mediterranea, riconosciuta come l’esempio per eccellenza della dieta sostenibile.

 

Sitografia

Bibliografia

  • Clark, M. A., Domingo, N. G., Colgan, K., Thakrar, S. K., Tilman, D., Lynch, J., ... & Hill, J. D. (2020). Global food system emissions could preclude achieving the 1.5 and 2 C climate change targets. Science, 370(6517), 705-708.

  • Crippa, M., Solazzo, E., Guizzardi, D., Monforti-Ferrario, F., Tubiello, F. N., & Leip, A. J. N. F. (2021). Food systems are responsible for a third of global anthropogenic GHG emissions. Nature Food, 2(3), 198-209.

  • Lynch, J., Cain, M., Frame, D., & Pierrehumbert, R. (2021). Agriculture's contribution to climate change and role in mitigation is distinct from predominantly fossil CO2-emitting sectors. Frontiers in sustainable food systems, 300.