AIDS: una pandemia dimenticata

di Stefania Franco
  • Obiettivo Primario: 3 - Salute e benessere
  • Obiettivo Secondario: 10 - Ridurre le disuguaglianze
  • Materia: Biologia

Che cos’è una pandemia? Secondo la definizione classica è un’epidemia in grado di diffondersi ovunque. Se accettiamo questa definizione l’AIDS è ancora una pandemia globale, nonostante il successo delle terapie salvavita e i progressi compiuti sul piano della prevenzione dei contagi.
La storia dell’AIDS e i progressi fatti alle porte del World AIDS Day, il 1 dicembre di ogni anno.

 

Quando? La timeline impossibile

Le linee del tempo sono strumenti cognitivi utilissimi per comprendere i fenomeni nel corso del tempo, ma non è il caso della diffusione del virus dell’immunodeficienza umana (HIV, Human Immunodeficiency Virus). Se elencassimo gli eventi in ordine cronologico non renderemmo conto della complessità della sua storia. Domande come “Chi è stato il paziente zero?”, “Dove ha avuto origine il virus?”, “Come e quando si è diffuso?”, non hanno una risposta univoca.
La sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS, Aquired Immunodeficiency Syndrome), ovvero la sindrome correlata all’infezione da HIV, fu riconosciuta per la prima volta nel 1981 negli Stati Uniti. In realtà, se andiamo alla ricerca del primo caso di sieropositività accertata dobbiamo tornare indietro al 1959, sebbene il virus sia stato riconosciuto soltanto trent’anni dopo, in seguito all’analisi di un campione di sangue prelevato da un uomo originario della Repubblica Democratica del Congo e successivamente conservato. Ma quell’uomo non può essere considerato il paziente zero: stando infatti alla descrizione dei sintomi, HIV era già presente nel genere umano nel 1931. Ricerche successive condotte da un gruppo internazionale di ricercatori ha retrodatato l’origine dell’HIV nell’essere umano agli anni Venti, nella zona compresa tra Camerun e Congo. Lo studio più recente, pubblicato nel 2019, attraverso l’analisi del genoma dell’HIV ha ulteriormente retrodatato la prima infezione al periodo compreso tra il 1881 e il 1918. Le analisi genomiche permettono infatti di ricostruire a ritroso il numero di mutazioni avvenute e di conseguenza il numero di generazioni che passano tra una mutazione recente e il ceppo originario.

 

Dove? Una pluralità di centri di diffusione

Rispetto al luogo di origine di HIV ci sono meno incertezze: esso è stato individuato nell’Africa occidentale subsahariana, nell’area compresa tra la Regione dei Grandi Laghi della Rift Valley (dove si ipotizza abbia avuto origine anche il genere Homo) e il Camerun. HIV e le sue varianti principali sarebbero il risultato di un passaggio di specie (uno spillover) dal virus dell’immunodeficienza delle scimmie (SIV, Simian Immunodeficiency Virus) che colpisce gli scimpanzè (da cui HIV-1, la variante più diffusa e contagiosa) e i cercocebi (da cui HIV-2, meno diffuso e meno letale). Il passaggio di specie deve essere avvenuto attraverso la macellazione di scimpanzè e scimmie che da sempre vengono cacciate in queste zone. Meno chiaro è stabilire esattamente quando e perché a un certo punto il virus sia mutato per passare all’uomo. Accreditando l’ipotesi secondo cui il passaggio di specie sarebbe avvenuto già alla fine del XIX secolo, il virus sarebbe rimasto in Africa fino alla metà del secolo successivo, complice l’isolamento di cui godevano le comunità presso cui originariamente si diffuse. Nel XX secolo poi, con il processo di globalizzazione, le comunicazioni si sono sempre più intensificate per mezzo dei trasporti e anche il virus ha cominciato a viaggiare con le persone che lo ospitavano. HIV si spostò dal continente africano a quello americano, dove giunse prima ad Haiti, poi in Brasile e negli Stati Uniti, in Canada e in Europa. Centri di diffusione furono soprattutto le grandi città (New York, San Francisco) e i luoghi in cui si praticava il turismo sessuale (come Haiti e il Brasile).

 

HIV e SARS-CoV-2: due pandemie a confronto

HIV ha provocato una pandemia negli anni Ottanta, a distanza di un secolo dalla sua origine, con tempi più dilatati se si considera la rapidità della diffusione di SARS-CoV-2. Questa differente tempistica non deve stupirci, essendo dovuta in parte alla globalizzazione e in parte alla modalità di diffusione aerea dei virus come SARS-CoV-2. HIV, invece, si trasmette attraverso il contatto con liquidi biologici come il sangue e i suoi derivati (il plasma), il latte materno, lo sperma e le secrezioni vaginali, con cui è meno probabile entrare in contatto, a differenza dell’aria che tutti respiriamo. Le principali vie di trasmissione di HIV sono dunque quella sessuale, quella ematica e quella verticale per cui il virus passa per via materna al feto in utero o al neonato attraverso l’allattamento.
Un’altra significativa differenza con SARS-CoV-2 è il periodo di incubazione, che nel caso di HIV può essere molto lungo, nell’ordine di anni durante i quali il paziente è asintomatico e inconsapevole, ma può trasmettere il virus.

 

Lo stigma del male morale

Come abbiamo visto, il passaggio di specie deve essere avvenuto per via ematica, macellando o consumando le carni di animali infetti; successivamente, però, a essere privilegiata è diventata la via di trasmissione sessuale, che ha avuto un ruolo preponderante nella diffusione del virus a livello globale, almeno nelle sue prime fasi. HIV si è infatti manifestato soprattutto nelle comunità omosessuali, in cui non c’era motivo di usare il preservativo come protezione per evitare gravidanze indesiderate. Ma nella narrazione di questa storia è stato sottolineato molto di più un altro aspetto: la presunta promiscuità delle persone omosessuali. Di conseguenza l’HIV è diventato un male morale, non a caso il primo nome della malattia a essa associato è stato “immunodeficienza gay correlata”. A rafforzare questa idea di male morale è stata la diffusione per via ematica tra i tossicodipendenti, a causa della pratica di condividere le siringhe. A contrarre l’HIV in realtà non erano soltanto gli omosessuali e i tossicodipendenti, ma anche coloro che per qualche ragione entravano in contatto con uno dei summenzionati liquidi biologici infetti: eterosessuali in seguito a un rapporto non protetto, emofiliaci, persone bisognose di trasfusioni, neonati.
Ad accrescere lo stigma intorno alle persone affette da HIV ha contribuito poi la paura del contagio: le modalità di trasmissione sono limitate e questo fu chiarito abbastanza velocemente dalla comunità scientifica, ma per molti anni serpeggiò il timore di essere contagiati con il solo contatto. A peggiorare la situazione furono le campagne di informazione condotte in ritardo (in Italia non prima del 1986) e in malo modo: si ricorda in particolare lo slogan “AIDS, se lo conosci lo eviti” nello spot del 1990 in cui le persone sieropositive erano contornate da un inquietante alone viola. Per combattere questi pregiudizi, nel 1991 l’immunologo Fernando Aiuti e Rosaria Iardino, attivista che aveva contratto l’HIV nel 1983, si scambiarono un bacio sulla bocca per testimoniare il fatto che il virus non si trasmette solo con il contatto.

 

Le terapie salvavita

All’inizio degli anni Ottanta l’AIDS non lasciava scampo: i pazienti morivano nel giro di pochi anni a causa delle patologie opportunistiche che attaccano il sistema immunitario compromesso dal virus. Nel 1987 fu approvato l’AZT (azidotimidina), il primo farmaco in grado di tenere sotto controllo il virus attraverso l’inibizione selettiva dell’enzima della trascrittasi inversa, ovvero inibendo il meccanismo con cui HIV si moltiplica. Da allora numerose altre terapie sono state messe in campo, come la DDI (didanosina, un altro inibitore della trascrittasi inversa e soprattutto l’HAART (Highly Active AntiRetroviral Therapy, una terapia combinata che comprende più farmaci antiretrovirali in grado di abbattere la carica virale e stabilizzare il sistema immunitario). Grazie ai farmaci oggi l’HIV può essere tenuto sotto controllo al punto che l’aspettativa di vita di chi lo ha contratto non è inferiore alla media (in Italia è di 83 anni, perfettamente in linea con la media nazionale). Questo dove le cure sono accessibili per tutti, ossia soprattutto nei Paesi sviluppati dove esiste anche un sistema di welfare e di sanità pubblica. HIV continua invece a mietere vittime nei Paesi più poveri, dove sono anche meno diffusi i mezzi per la prevenzione (uno su tutti, il preservativo). In questi Paesi, inoltre, la pandemia di COVID-19 ha reso meno accessibili i farmaci antivirali che per le persone sieropositive rappresentano un vero salvavita.

 

Educare per prevenire

Grazie anche alle cure salvavita oggi l’AIDS non è più considerata una pandemia, ma ancora nel 2019 (anno in cui il numero di contagi ha toccato il minimo storico dagli anni Ottanta) ha provocato l’1,5% delle morti a livello globale. In Europa la percentuale è inferiore allo 0,9%, ma sale enormemente in Africa, dove supera il 20% in Paesi come Sudafrica (28%), Botswana (27%) e Mozambico (25%). Mentre in questi Paesi il contagio si diffonde senza guardare in faccia a nessuno, nei Paesi sviluppati è in calo il contagio tra gli omosessuali (grazie all’utilizzo del preservativo), ma non tra le persone eterosessuali, che si mostrano meno prudenti rispetto alla prevenzione.
Attualmente le strategie per contrastare la diffusione dell’HIV puntano soprattutto sulla prevenzione e prevedono dunque campagne di informazione ed educazione sessuale, che però in alcuni Paesi poveri incontrano forti resistenze culturali, soprattutto dove troviamo grandi disparità di genere che impediscono alle donne la possibilità di informarsi e autodeterminarsi.

 

Fonti

David Quammen, Spillover, Adelphi 2014

Podcast: Mario Calabresi, Un filo rosso, Chora Media

https://ourworldindata.org/

https://www.issalute.it/

 

Attività per la classe

Svolgi una ricerca sull’HIV e rispondi alle seguenti domande. Per la tua ricerca puoi utilizzare il tuo libro di testo di scienze, navigare su Internet o ascoltare il podcast Un filo rosso, realizzato da Mario Calabresi per Chora Media.

  • Qual è il ciclo riproduttivo di HIV e perché è così difficile studiare un vaccino ad hoc?

  • Descrivi le patologie raggruppate dall’acronimo AIDS.

  • Quali sono attualmente le principali terapie? Descrivine brevemente il meccanismo di funzionamento.

  • Che cos’è il World AIDS day? Quando è nato e perché?