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L’atomo: i modelli del passato
Unità 9
7
3
I primi modelli atomici:
Thomson e Rutherford
La scoperta degli elettroni diede a Thomson la possibilità di elaborare un
primo modello atomico.
3.1
Il modello di Thomson
Secondo lo scienziato inglese l’atomo era una sfera dotata di una carica
positiva diffusa, con gli elettroni distribuiti uniformemente al suo interno
come le uvette in un panettone, da cui il nome di “modello a panettone” o,
in originale,
plum pudding
(
9
).
L’atomo di Thomson è neutro, poiché gli elettroni negativi bilanciano la
carica positiva, ed è sostanzialmente omogeneo in tutte le sue parti.
Questo modello spiegava correttamente la trasformazione di un atomo
in ione con la perdita o l’acquisto di elettroni, ma venne ben presto abban-
donato perché in contraddizione con i risultati ottenuti, nel 1909, dai fisici
Ernest Rutherford, Hans Geiger ed Ernest Marsden in uno storico esperi-
mento.
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+
+
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+
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+
Figura 9
Il modello di Thomson non prevede l’esistenza dei
protoni nell’atomo.
STRUMENTI E METODI DELLA CHIMICA
Nel 1909, il fisico americano Robert Millikan
(1868-1953) ideò un metodo ingegnoso per
determinare la carica elettrica degli elettroni.
L’esperimento di Millikan
La strumentazione e la procedura utilizzate
sono illustrate nella
A
.
In un contenitore da cui è stata aspirata gran
parte dell’aria, così da produrre condizioni di
estrema rarefazione, sono presenti due pia-
stre metalliche. L’aria residua viene irradiata
con raggi X con l’obiettivo di ionizzare (tra-
sformare in ioni positivi) le molecole gasso-
se, strappando a esse degli elettroni.
Attraverso un foro presente nella piastra
superiore vengono introdotte, per mezzo di
un nebulizzatore, delle goccioline di olio che
iniziano a cadere verso il basso per la forza
di gravità: alcune di esse, però, si caricano
negativamente acquistando elettroni emessi
dalle molecole dei gas presenti nell’aria.
Le due piastre metalliche vengono collega-
te a un generatore di corrente in modo che
quella superiore si carichi positivamente e
quella inferiore negativamente. Per mezzo di
un sistema di ingrandimento si individua una
singola gocciolina, che quindi viene immobi-
lizzata tra le due piastre regolando l’intensità
del campo elettrico.
In questo momento la gocciolina è sottopo-
sta a due forze verticali di verso contrario:
la forza di gravità (di intensità F
g
m g, in
cui m è la massa della gocciolina e g l’ac-
celerazione di gravità), che la fa cadere ver-
so il basso, e la forza elettrica (di intensità
F
c
E q, in cui E è l’intensità del campo elet-
trico e q la carica della gocciolina), che l’attira
verso l’alto. Quando la goccia è ferma le due
forze si bilanciano:
F
g
F
c
quindi m g E q
da cui q
m g
E
I valori di g e di E sono noti, mentre m si può
determinare conoscendo il volume V della
gocciolina (misurabile sperimentalmente) e
la densità d dell’olio utilizzato: m d V. Si
ricava in questo modo la carica della goccia.
La carica elettrica è sempre un multiplo
intero della carica dell’elettrone
Ripetendo la prova più volte, Millikan scoprì
che gocce diverse avevano cariche differen-
ti, ma tutte multiple, secondo numeri interi,
di una carica minima: q 1,6 10
19
C. Capì
che questa era, in valore assoluto, la carica
di una gocciolina che aveva acquistato un
solo elettrone, quindi la carica dell’elettro-
ne. Conoscendo sia la carica q sia il rapporto
q/m tra la carica e la massa dell’elettrone
(q/m 1,76 10
11
C/kg), determinato in pre-
cedenza da Thomson, fu poi facile ricavare la
massa della particella:
m
1,6 10
19
C
1,76 10
11
C/kg
9,1 10
31
kg
S
cheda
2
Come furono determinate la carica e la massa degli elettroni
+
_
piastra negativa
piastra positiva
goccioline di olio
raggi X
sistema di
ingrandimento
nebulizzatore
gocciolina sospesa
in osservazione
foro
Figura A
Schema dell’esperimento
di Millikan.
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