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Democrazie e dittature fra le due guerre mondiali
UNITÀ DI APPRENDIMENTO
difesa di Gallipoli assediata dalle truppe anglo francesi,
diventando l’“eroe dei Dardanelli”. Nel dopoguerra, Kemal
si mise alla testa di un movimento popolare di liberazione
dalle potenze straniere, in opposizione al trattato di Sèvres,
che tra l’altro privava la Turchia del controllo degli Stret-
ti. Il 1920 fu l’anno della svolta: organizzato un nuovo
esercito nazionale, egli riunì ad Ankara una grande
Assemblea nazionale di opposizione al sultano.
La conquista del potere venne rapidamente, nel
mese di settembre, quando – dopo una serie
di sanguinose battaglie – cadde anche l’ultima
roccaforte dell’occupazione, Izmir: la Turchia
fu finalmente libera e acclamò Kemal come
liberatore ed “eroe nazionale”.
Eletto nel 1923 primo presidente della Repub-
blica che aveva fondato, tenne la carica fino alla morte –
avvenuta nel 1938 a Costantinopoli, ora tornata all’antico
nome turco di Istanbul – trasformando il decrepito Impero
ottomano in uno Stato moderno attraverso importanti ri-
forme: istituì Ankara come nuova capitale e sede del Par-
lamento, eletto a suffragio universale; estese il diritto allo
studio a tutti i cittadini; abolì la poligamia, introdusse
il divorzio e dichiarò la parità dei diritti tra uomini e
donne; sostituì l’alfabeto arabo con quello latino; in-
trodusse il calendario e le unità di misura europee. Fu
allora, inoltre, che i turchi smisero di indossare il tra-
dizionale fez rosso scuro o il turbante e aggiunsero ai
propri nomi tradizionali un “cognome” all’europea:
a Mustafa Kemal fu assegnato, per acclamazione,
quello di Atatürk, “Padre dei Turchi”.
La sintesi
1
Terminata la Prima guerra mondiale, nel gennaio 1919 si riunì
a Parigi la Conferenza di pace. Vi parteciparono soltanto i Paesi
vincitori: Gran Bretagna, Francia, Italia e Stati Uniti. Da quest’ultimo
Paese proveniva la proposta politica più forte: i 14 punti del presi-
dente Wilson, che orientarono, almeno idealmente, le trattative.
Tra di essi vi erano il diritto all’indipendenza e all’autodetermina-
zione dei popoli, la riduzione degli armamenti, la liberalizzazione
dei commerci, la fine della diplomazia segreta e l’istituzione di
una Società delle Nazioni. La pace, tuttavia, non fu basata su so-
lidi fondamenti, prima di tutto a causa dell’atteggiamento della
Francia, che ottenne che la Germania fosse umiliata, disarmata,
costretta al pagamento di pesanti riparazioni di guerra e limitata
nella sua sovranità nei territori di confine a ovest.
2
La carta d’Europa dopo Parigi fu ridisegnata. La Germania per-
dette l’Alsazia e la Lorena (e temporaneamente le miniere di
carbone della Saar) a favore della Francia e altri territori a favore
della Danimarca e della Polonia. Dallo smembramento dell’Impe-
ro Austro-ungarico nacquero nuovi Stati: l’Austria (ora repubblica),
l’Ungheria, la Cecoslovacchia. L’area dei Balcani fu unificata nella
Iugoslavia, che comprendeva etnie diverse. L’Italia ottenne il Tren-
tino, l’Alto Adige, la Venezia Giulia, Trieste e l’Istria, ma non Fiume
e la Dalmazia: per questo si parlò di “vittoria mutilata”.
Vi furono cambiamenti anche nel resto del mondo. Dallo smem-
bramento dell’Impero ottomano sorsero nuove entità politiche
sottoposte a mandati internazionali: Siria e Libano (Francia), Pa-
lestina, Transgiordania e Iraq (Gran Bretagna). Dal 1923 la Turchia
divenne una repubblica e si orientò verso la costituzione di uno
Stato laico, sotto la guida di Mustafa Kemal. In Cina cadde la mo-
narchia imperiale e si impose la rivoluzione guidata dal Partito na-
zionalista del Kuomintang, alle prese con il crescente movimento
comunista di Mao Tse-tung.
Il 28 aprile 1919 prese vita la Società delle Nazioni. A essa, tut-
tavia, non aderirono neppure gli Stati Uniti, dove ora, al posto di
Wilson, governa un presidente repubblicano. Escluse per volontà
dei vincitori furono anche la Germania e l’Unione Sovietica. Gli
interessi dei singoli Stati mostrarono da subito la loro prevalenza
sugli impegni ideali della nuova organizzazione sovranazionale.
3
L’Europa dell’immediato dopoguerra (fino al 1920) era per-
corsa da una fortissima
conflittualità sociale
, che si espresse
in manifestazioni, scioperi o vere e proprie rivolte: fu il “biennio
rosso”, causato dal generale impoverimento delle economie, stre-
mate da anni di guerra e segnate da alti tassi di
disoccupazione
e da un’
inflazione
che faceva perdere potere d’acquisto ai salari.
Nel gennaio 1919 sembrò che in Germania potesse imporsi una
rivoluzione comunista sul modello di quella russa, ma le divisioni
del fronte rivoluzionario e la violenta reazione dei partiti di centro
e di destra soffocarono questo tentativo. Il biennio rosso si con-
cluse con il sostanziale fallimento dei movimenti rivoluzionari,
ma mentre ovunque in Europa i partiti di sinistra si dividevano
tra riformisti e rivoluzionari, la precaria situazione economica e
gli interessi sociali contrapposti mantennero comunque vivo il
timore di rivoluzioni popolari. Di conseguenza la borghesia e le
classi dirigenti si orientarono a sostenere movimenti autoritari
di tipo fascista, che proponevano guide autorevoli e una sorta di
terza via tra liberalismo e marxismo.
4
Nel 1919 in Germania venne proclamata la Repubblica di Wei-
mar (città dove aveva tenuto i suoi lavori l’Assemblea costi-
tuente). La repubblica era uno Stato federale, con una costituzione
che affidava ampi poteri al Presidente, in modo da garantire la
stabilità in un Paese lacerato da forti contrapposizioni politiche.
Avevano infatti forte peso, a destra, i nazionalisti (tra i quali nel
1923 si mise già in mostra il movimento dei nazionalsocialisti
di Adolf Hitler), a sinistra i socialisti rivoluzionari e i comunisti
detti “spartachisti”, protagonisti della tentata rivoluzione appena
domata anche con il ricorso a gruppi paramilitari (i “corpi fran-
chi”). L’economia, indebolita dalle pesanti condizioni imposte dai
vincitori, era al collasso: l’inflazione era altissima e i disoccupati
erano milioni. Una vera svolta si ebbe solo nel 1924, quando
gli Stati Uniti, con il piano Dawes, stabilirono un prestito di 200
milioni di dollari alla Germania. La stabilità economica del Paese
– unica garanzia della traballante stabilità politica – era dunque
legata al sostegno degli Stati Uniti.
5
In Europa, i sistemi produttivi faticavano a riconvertirsi dopo
la guerra ed era diffuso l’
impoverimento
dei consumatori. Gli
anni Venti degli Stati Uniti, invece, furono definiti “ruggenti”: la
produzione industriale era in continua crescita, sostenuta da una
altissima domanda di beni di consumo da parte delle famiglie.
Isolazionismo in politica estera, concentrazione dei governanti
sugli interessi americani, sfruttamento della manodopera interna,
investimenti dei capitalisti nelle aziende e nella Borsa, introdu-
zione massiccia di tecniche di produzione in serie, offerta di beni
alla vasta classe media con pagamenti rateali furono, insieme, la
formula che sostenne un rapidissimo sviluppo. Furono gli anni
degli elettrodomestici nelle case, delle auto vendute a milioni di
famiglie, della pubblicità e del cinema.
6
Questa fase di straordinario e apparentemente inarrestabile
sviluppo cessò improvvisamente nell’ottobre 1929. Il sistema
industriale americano produceva ormai più di quanto fosse pos-
sibile vendere e le banche chiesero alle aziende e alle famiglie di
ripagare i prestiti ricevuti con facilità per dedicarsi all’espansione
sul mercato e ai consumi. Gli acquisti precipitarono, la Borsa di New
York crollò, molte banche e aziende fallirono e si ebbe un numero
elevatissimo di disoccupati. Cominciò un periodo di
depressione
e di diffuso impoverimento. Gli effetti si fecero sentire in Euro-
pa: Paesi come la Germania, sostenuta da prestiti e investimenti
americani, crollarono. Ma anche Francia e Gran Bretagna videro
vacillare la loro stabilità politica per l’aumento della sofferenza
sociale. Gli anni della crisi aprirono la strada, in Italia, in Spagna,
in Portogallo, in Polonia e infine in Germania a regimi dittatoriali.
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