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per ogni altra situazione rischiosa della vita quotidiana, non guasta. Così, facciamo le
corna quando qualcuno accenna a qualcosa di cui non vorremmo che capitasse. Prima
dell’interrogazione ci vestiamo in un certo modo o seguiamo un determinato ordine
di azioni. Così qualcuno evita di incrociare i gatti neri.
Chi sono senza i miei rituali?
Quando i ragazzi s’incontrano davanti al portone di casa, si salutano sempre allo stesso
modo e compiono un movimento con le mani che magari hanno visto in qualche film
americano sui ragazzi della periferia di una metropoli. Quando il papà deve uscire la
mattina, deve sempre farsi la barba prima di prendere il caffè: non può fare diversamente;
spesso lo prendiamo in giro per questa abitudine, ma lui non ci trova nulla di ridere.
Quando vado a trovare mia zia la domenica pomeriggio, non ci fa sedere prima di aver
portato il tè e addirittura si arrabbia se qualcuno si siede prima e magari addenta un
pasticcino prima dell’arrivo della bevanda calda.
Altri esempi? Pensiamo al Natale. Ogni famiglia ha le proprie abitudini che c’entrano
poco con il significato religioso di questa festa: qualcuno apre i regali la sera della Vigilia,
altri la mattina dopo, ci sono anche dei bambini che devono aspettare l’ora del pranzo.
Se qualche giornalista passasse in queste case e chiedesse il perché di quest’abitudine o
del percome utilizzino proprio questo tipo di decorazione per l’albero, non saprebbero
che cosa rispondere, tranne forse: “Siamo la famiglia XYZ e noi facciamo così”. E tutte
Hilda Fearon,
Afternoon Tea
,
1917.
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