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1. Dalle città industriali alle città moderne
A fine Settecento si sviluppò la seconda rivolu-
zione urbana, innescata dalla rivoluzione industriale. Caratterizzata dall’incremento di dimensioni e
di popolazione di molte città, riguardò dapprima l’Europa occidentale e il Nord-Est degli Stati Uniti,
per poi espandersi altrove. Le città industriali cambiarono volto con la comparsa di quartieri operai,
di nuove infrastrutture e in seguito all’attuazione di interventi urbanistici. Alla fine dell’Ottocento le
fabbriche iniziarono a uscire dalle città, che si specializzarono in due funzioni principali: residenziale
e di servizi. La disponibilità di questi ultimi permette di classificare le città secondo una precisa gerar-
chia. Nelle città moderne si riconosce generalmente un centro storico (sostituito dai quartieri centrali
nelle città di fondazione recente), circondato da quartieri residenziali, di valore decrescente verso la
periferia, all’esterno della quale sorgono centri commerciali e città satellite.
3. La difficile gestione delle città
Nelle città si vive meglio che nelle aree rurali, ma quelle più
grandi registrano problemi di tipo economico (alti costi delle infrastrutture), sociale (povertà, crimi-
nalità) e ambientale (inquinamento e traffico). Molti di essi nascono da uno sviluppo urbano avve-
nuto in assenza di regole. Il rimedio sta in una programmazione dello sviluppo basato sulla stesura e
sull’applicazione di piani regolatori. Elaborati da architetti e urbanisti, essi programmano l’uso degli
spazi e dettano regole relative ai criteri con cui costruire. Gran parte dei problemi che affliggono le
metropoli derivano dal gigantismo urbano, che può essere contrastato solo attraverso forme di de-
centramento e la pianificazione di città satellite (o
new towns
). Negli anni Novanta si cominciarono
ad applicare alle realtà urbane i criteri dello sviluppo sostenibile. A questo scopo venne elaborata una
strategia, denominata Agenda 21, tendente alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle
città. A essa fece seguito la Carta di Aalborg, che impegna le comunità locali a conservare le risorse,
a riciclare i rifiuti e a contenere i problemi del traffico e dell’inquinamento.
2. Dinamica e volto delle città moderne
L’aumento della popolazione ha comportato la nascita
di nuove realtà urbane. Le metropoli, con oltre 1 milione di abitanti, che insieme ai centri circostanti
formano aree metropolitane e agglomerati urbani, le conurbazioni, grandi agglomerazioni derivate
dalla fusione di città piccole e medie, e le megalopoli, immensi agglomerati di aree metropolitane e
conurbazioni, popolati da decine di milioni di abitanti. L’urbanizzazione si sta oggi estendendo an-
che ai paesi in via di sviluppo, soprattutto a causa dell’inurbamento di masse contadine. Nei paesi
sviluppati si registra invece il fenomeno della deurbanizzazione, con parte della popolazione urbana
che si sposta fuori dalle città. Caratteristica è la struttura delle città europee, con centri storici sede
di svariati servizi, spesso circondati da quartieri ottocenteschi a loro volta seguiti da quartieri resi-
denziali. Alcuni servizi si concentrano nei centri direzionali, che sorgono in periferia o nelle ex aree
dismesse. Le città dell’Europa orientale, invece, risentono delle trasformazioni urbanistiche imposte
dai passati regimi socialisti. Le città dei paesi giovani, spesso soggette a una pianificazione urbana,
presentano quasi sempre un quartiere degli affari (CBD), circondato da vasti quartieri residenziali, di
valore che si riduce con la distanza dal centro. Questa struttura si ripete in molte metropoli del Sud,
dove in periferia possono però estendersi grandi baraccopoli.
Sintesi
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