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Il voto segreto: l’ostracismo
Un’altra innovazione
che risale al tempo di Clistene è quella dell’ostracismo.
Óstrakon
, in greco, significa «coccio». I cittadini riuniti
nell’Ecclesía potevano allontanare dalla
polis
per dieci
anni chiunque venisse considerato pericoloso per la vita
dello Stato, scrivendo il suo nome su un coccio di
ceramica (
11
). Data l’importanza di una simile
decisione, era necessario il voto favorevole di
almeno6000personeperchéuncittadinovenis-
se esiliato. Era, questo, un modo per difendere
collettivamente la sicurezza e l’armonia della
polis
: tuttavia esso poteva anche trasformarsi in
uno strumento di vendetta e di lotta tra gruppi rivali,
che vi ricorrevano per cacciare i nemici politici.
L’Elièa
Il potere giudiziario che spettava a tutti i cittadini,
veniva delegato all’Elièa, il tribunale popolare già istituito
da Solone, davanti al quale si svolgevano i processi: i giu-
dici dell’Elièa erano estratti a sorte tra i membri dell’Ec-
clesía e si riunivano in tribunali chiamati dicasteri.
Valore e limiti dell’esperienza ateniese
La costitu-
zione di Clistene realizzò l’uguaglianza tra i cittadini, ma
non tutti gli abitanti della
polis
erano cittadini e aveva-
no uguali diritti: gli schiavi e gli stranieri erano esclusi
dal diritto di cittadinanza e le donne non avevano diritti
politici. I cittadini che si riunivano nell’Ecclesía erano
dunque soltanto i maschi ateniesi adulti: una minoran-
za rispetto alla popolazione del paese. Nel 430
a.C., per esempio, la
polis
contava circa 250000
abitanti, di cui solo 30000 erano cittadini.
L’uguaglianza tra tutti gli esseri umani era un
concetto assolutamente estraneo alle civiltà
antiche, compresa la civiltà ateniese: la diver-
sità e l’inferiorità delle donne (
12
) e degli schiavi
erano considerate ovvie, facevano parte della men-
talità dell’epoca e nessuno poteva pensare di metterle
in discussione. Gli ateniesi, figli del loro tempo e della
loro cultura, applicarono le conquiste politiche soltan-
to a una parte del loro popolo. L’evoluzione di Atene
verso la democrazia rappresentò in ogni caso una tra-
sformazione rivoluzionaria nella gestione dello Stato
ed ebbe un ruolo fondamentale nel cammino dell’uma-
nità verso forme di governo egualitarie, che riconosca-
no cioè l’uguaglianza di tutti i cittadini, senza alcuna
distinzione.
12.
Al centro, una
kore
, cioè una
fanciulla attica del secolo
vI
a.c.
La condizione femminile ad Atene
APPRoFondimEnTo
La donna perbene
A differenza delle don-
ne spartane (vedi p. 121), le donne ateniesi
si mostravano assai raramente in pubblico.
il loro posto era la casa, e più precisamente
la parte della casa a loro riservata, il gine-
ceo. Secondo gli ateniesi, una donna per-
bene non doveva conoscere uomini diversi
da quelli della famiglia e non doveva farsi
vedere da estranei. di conseguenza, alle
donne era consentito uscire soltanto per
recarsi ad alcune feste religiose o ai funerali
dei parenti. Questo profilo corrisponde a
quello della moglie (
dámar
o
gyné
) la cui
funzione principale era quella di dare al
marito i figli legittimi necessari per la per-
petuazione del gruppo familiare.
La etéra, la donna “compagna”
l’uomo
ateniese, però, poteva avere altre donne:
la concubina (
pallaké
) «per la cura del cor-
po», vale a dire per avere rapporti sessuali
stabili; e la compagna per il piacere (
etéra
).
la etéra (il cui nome significa appunto
«compagna»), pur concedendosi all’uomo a
pagamento, non era una prostituta. infatti
le etére, a differenza delle donne destinate
a diventare mogli, ricevevano un’educazio-
ne, erano donne colte, che conoscevano la
musica, il canto, la danza, e che accompa-
gnavano l’uomo nei luoghi di socialità (come
i banchetti), nei quali non erano ammesse né
le mogli né le concubine.
Senza diritti in una città di uomini
Per
completare il quadro della condizione fem-
minile ad Atene, va ricordato che le donne
ateniesi, così come, d’altronde, succedeva
a Sparta, non avevano diritti politici, non
potevano cioè partecipare al governo e
all’amministrazione della
polis
. le donne
poi non potevano scegliere autonoma-
mente chi sposare né come amministrare
i propri beni. non avevano neppure il di-
ritto di ereditare il patrimonio paterno, che
si trasmetteva solo ai discendenti maschi.
Tutto quel che spettava alla donna era una
dote, che al momento del matrimonio ve-
niva consegnata al marito, il quale ne pote-
va disporre a piacimento, salvo restituirla al
suocero in caso di divorzio. di fronte a un
simile quadro non è difficile capire le ragio-
ni per le quali la
polis
è stata definita una
città di uomini fatta per gli uomini.
11.
Alcuni
óstraka
con incisi i nomi
dei cittadini da esiliare: si legge
Temistocle in quello a destra,
cimone di milziade in quello a sinistra.
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