pee. La bussola, l’alberatura multipla e il timone incernierato a poppa, che
sostituì il tradizionale timone laterale in uso sulle galere mediterranee, co-
stituirono importanti progressi, ma la presenza di violente correnti vicino
alla costa africana rendeva impossibile la consueta navigazione costiera e
obbligò i portoghesi ad affrontare il problema posto dalla
navigazione
d’alto mare
.
Per affrontare l’oceano era necessario padroneggiare le tecniche della navi-
gazione scientifica che, basandosi sul calcolo astronomico e non sull’osser-
vazione della costa (col vecchio sistema delle carte nautiche dette «
portola-
ni
»), permetteva alle navi di mantenere anche in alto mare la rotta voluta.
Il veneziano Alvise Cadamosto, che partecipò a due spedizioni portoghe-
si del 1450, fu il primo a menzionare la rilevazione dell’elevazione della
stella polare. Così un calcolo razionale, astratto, sostituiva l’affidamento
all’esperienza quotidiana.
Nella strumentazione del viaggio atlantico il vecchio e il nuovo si incon-
trarono. Alla
bussola
– familiare al mondo cinese e a quello mediterraneo
(
❯
p. 81 e 130) – si aggiunsero l’
astrolabio
e il
quadrante
. L’astrolabio
era un semplice meccanismo portatile con il quale era possibile misurare
l’altezza apparente degli astri sull’orizzonte allo scopo di orientarsi con la
maggiore precisione possibile. L’uso del quadrante si era affermato in Por-
togallo intorno alla metà del Quattrocento per localizzare la stella polare
e determinare, quindi, la posizione della nave. E sempre dal mondo por-
toghese emerse, nel 1509, il primo manuale di navigazione a stampa, con
precise tabelle per le latitudini.
Anche la
rappresentazione del mondo
subì un mutamento profondo
(
❯
Dossier
La cartografia tra Medioevo ed Età moderna
p. 334) e si dovettero
elaborare delle tecniche matematiche per riprodurre sulla superficie piana
delle carte la curvatura terrestre e il reticolo dei meridiani e dei paralleli.
Inoltre furono fatte importanti ricerche sulla costruzione delle navi per mi-
gliorarle e adattarle alle nuove esigenze. La
caravella
fu la protagonista delle
esplorazioni portoghesi e di quelle spagnole (
❯
Approfondimento
qui sotto).
Glossario
Portolano
Elencazione metodica dei porti di una
data regione, con descrizione dettagliata delle lo-
ro caratteristiche nautiche, meteorologiche ecc.,
diffusa fin dal Medioevo e molto utilizzata nella
navigazione commerciale.
Approfondimento
La caravella e la navigazione oceanica
u
na
nave
per
soLcare
L
’
oceano
Furono i portoghesi a mettere a punto le prime caravelle all’inizio del XV secolo, per affrontare
viaggi oceanici
di una cer-
ta durata che potevano richiedere alle imbarcazioni agilità e al tempo stesso robustezza. Le prime caravelle avevano una
stazza che non superava le 60 tonnellate ma ben presto, per adeguarsi alle esigenze dei lunghi percorsi, ne furono costru-
ite di più pesanti e capienti fino a 150 tonnellate.
Lo scafo di queste navi era piuttosto snello e dotato di due o tre alberi, ai quali era applicata una velatura inizialmente
triangolare, che permetteva una facile manovrabilità per sfruttare al massimo il vento. Successivamente la caravella fu
dotata di una
vela quadrata
(anche due, talvolta), che spingeva la nave al massimo della velocità quando il vento era favo-
revole, e di
due triangolari
che utilizzavano la spinta del
vento laterale meno favorevole, correggendo la direzione
della nave anche grazie al
timone di poppa
, già da qualche
tempo sperimentato in ogni tipo di imbarcazione.
La caravella utilizzava prevalentemente l’energia del ven-
to e non quella dei rematori, anche perché una nave che
affrontava l’oceano non poteva trasportare molte bocche
da sfamare, avendo poche occasioni di rifornirsi a terra, e
lo spazio a bordo doveva essere sfruttato al massimo per
rifornimenti destinati a durare a lungo.
Una galera e una caravella (a sinistra) della flotta
portoghese; particolare di una carta del 1482. Nave leggera
e maneggevole, la caravella per la sua struttura si dimostrò
in grado di affrontare meglio le onde oceaniche. Inoltre non
era mossa dalle braccia dei rematori – i «galeotti» –, come
la galera, ma dall’energia del vento grazie a una nuova e più
ampia velatura.
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