Sezione I - Ordinamento giurisdizionale

Articolo 101

La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

La storia

La discussione si incentrò su un articolo aggiuntivo, proposto dall’on. Gennaro Patricolo (Uomo Qualunque) al fine di dar vita «a un’organizzazione veramente democratica dell’amministrazione della giustizia del tutto indipendente da ogni influsso politico e da qualsiasi ingerenza del potere esecutivo». La proposta di articolo aggiuntivo era la seguente: «Sono organi del potere giudiziario: a) la magistratura sia requirente sia giudicante; b) la polizia giudiziaria; c) l’amministrazione degli istituti di prevenzione e pena».
All’on. Patricolo rispose l’on. Meuccio Ruini (Gruppo Misto): «Qual è lo scopo che si propone l’Assemblea? […] è lo scopo di assicurare alla magistratura la sua indipendenza, come personale, come corpo, come ordine, e in questo possiamo spingerci molto innanzi; ma che l’amministrazione di tutti i servizi della giustizia debba passare alla magistratura, con la conseguente soppressione del Ministero della giustizia e con l’inevitabile corollario che la magistratura diventi essa stessa una specie di ministero, questo no. […] è per il concetto di organizzazione dello Stato, e di tutto l’insieme di quella che è la struttura dello Stato moderno, che io ritengo non si possa giungere all’estremo cui l’on. Patricolo ha accennato».

Il commento

Circa l’art. 101, la dottrina lo ha interpretato sostenendo che la «norma avrebbe lo scopo di ribadire che il popolo costituisce la fonte di legittimazione di tutte le funzioni statuali, esercitate a suo nome dallo Stato». Il legame fra il popolo e i giudici risiederebbe nel fatto che questi sono sottoposti alla legge, da intendersi come interpretazione della volontà popolare a opera del Parlamento (l’organo, eletto dai cittadini, a cui spetta la funzione legislativa).
La dottrina è concorde nel sostenere che l’art. 101 è volto a garantire l’indipendenza funzionale (ovvero, l’esercizio della funzione giurisdizionale) di ogni giudice nei confronti del Governo, del potere legislativo e degli altri giudici.
Quanto al secondo comma, la dottrina prevalente ritiene che questo vieti sempre ai giudici di non applicare una legge: qualora, però, nutrano dubbi sulla costituzionalità della legge hanno la facoltà di sollevare una questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale.