Titolo IV - Rapporti politici

Articolo 52

La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.
L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.

La storia

Il dibattimento fu particolarmente acceso sull’obbligatorietà del servizio militare. L’on. Giovanni Caporali (Gruppo Socialista dei lavoratori italiani) propose il seguente comma aggiuntivo: «Sono esenti dal portare le armi coloro i quali vi obiettino ragioni filosofiche e religiose di coscienza».
La replica del relatore Umberto Merlin (Democrazia cristiana) fu netta: «Non possiamo accettare l’emendamento Caporali, perché in Italia una setta di obiettori di coscienza, come quella che esiste in Inghilterra […], non esiste, e non vedo perché dobbiamo stabilire il principio che l’on. Caporali propone. Rispettabile è lo scrupolo di coscienza, e già le nostre leggi ne tengono conto per i sacerdoti, ma non bisogna esagerarlo e sancirlo nella Costituzione, per non arrivare a conseguenze assai pericolose».
La discussione fu animata anche circa il significato del terzo comma, precisato dal relatore Merlin: «[…] domandare che l’ordinamento dell’esercito si informi allo spirito democratico che deve informare tutta la vita del Paese, è domandare cosa lecita. La democrazia è lo Stato […] di diritto del nostro Paese; domandare che l’esercito lo riconosca è fare opera d’unione e di concordia […]».

Il commento

Quanto al «sacro dovere» di difendere la Patria, la Corte costituzionale ha spiegato che questo rappresenta «un dovere collocato al di sopra di tutti gli altri e che nessuna legge potrebbe far venir meno […] un dovere, il quale, proprio perché sacro (e quindi di ordine eminentemente morale) si collega intimamente e indissolubilmente alla appartenenza alla comunità nazionale identificata nella Repubblica italiana».
L’obbligo del servizio militare (che ormai non riguarda più i giovani nati dopo il 1985 in seguito alla legge di riforma della leva approvata nel 2000) è definito dalla Corte costituzionale «la prestazione personale per eccellenza e la più gravosa che possa ammettersi in una società civile e democratica ed in uno Stato di diritto».
La Corte costituzionale si è occupata approfonditamente anche dell’obiezione di coscienza – diritto riconosciuto nel 1972 con la legge n. 772 (prima di allora, gli obiettori di coscienza venivano arrestati e puniti con la carcerazione) – sostenendo che il servizio civile (dal 1972 alternativo a quello militare) «non si traduce assolutamente in una deroga al dovere di difesa della Patria, ben suscettibile di adempimento attraverso la prestazione di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato».