Titolo III - Rapporti Economici

Articolo 40

Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.

La storia

L’Assemblea discusse a lungo questo articolo: una parte dei costituenti era favorevole a non inserire il diritto di sciopero nella Carta, costituzionale rinviandone la regolamentazione alla legge ordinaria; un’altra parte era propensa a negare il diritto di sciopero. In modo particolare, un numero consistente di deputati era contrario allo sciopero dei lavoratori pubblici, tanto che l’on. Edoardo Clerici (Democrazia cristiana) propose – con l’obiettivo di impedire che gli scioperi potessero bloccare i «servizi essenziali alla vita collettiva» – di aggiungere il seguente comma: «L’assunzione di qualsiasi funzione pubblica implica rinuncia al diritto di sciopero».
La discussione fu sbloccata dall’on. Umberto Merlin (Democrazia cristiana) che propose la formulazione definitiva dopo averla tradotta «quasi letteralmente» dal preambolo della Costituzione francese del 1946. Nel presentare la sua proposta Merlin affermò: «[…] non è pensabile non fare una discriminazione allo scopo di escludere dal godimento di questo diritto i pubblici funzionari, perché se si dovesse ammettere lo sciopero degli agenti di polizia, dei carcerieri, dei magistrati […] non si darebbe allo Stato la dovuta forza e il dovuto prestigio».

Il commento

La Corte costituzionale ha riconosciuto il diritto di sciopero un «diritto individuale ad esercizio collettivo» la cui titolarità è attribuita al lavoratore subordinato, ai dipendenti pubblici e ai lavoratori autonomi parasubordinati (considerati «soggetti contrattualmente deboli»).
La Corte costituzionale, inoltre, ha escluso il riconoscimento del diritto di sciopero per i liberi professionisti e ha affermato la legittimità di stabilire alcuni limiti riguardanti i militari nonché gli appartenenti alla Polizia di Stato e a quella penitenziaria.
Una volta entrata in vigore la Costituzione, al fine di rendere effettivo il diritto di sciopero la Corte costituzionale ha dovuto dichiarare illegittimi gli articoli del Codice penale approvato dal regime fascista nel 1930 (noto come Codice Rocco) che puniva severamente lo sciopero per «fini contrattuali», «non contrattuali» e «di coazione alla pubblica autorità» (ovvero, lo sciopero «volto ad ottenere o impedire un intervento su materie di immediato interesse per il mondo del lavoro subordinato»).