Titolo III - Rapporti Economici

Articolo 37

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità della retribuzione.

La storia

Approvando l’art. 37 i costituenti vollero inserire nella Costituzione precise garanzie a tutela dei lavoratori più deboli: le donne e i minori.
Quanto alla tutela delle donne lavoratrici, l’on. Aldo Moro (Democrazia cristiana) affermò: «[…] il riferimento alla essenzialità della missione familiare della donna è un avviamento necessario e un chiarimento per il futuro legislatore, perché esso, nel disciplinare l’attività della donna nell’ambito della vita sociale del lavoro, tenga presenti i compiti che ne caratterizzano in modo peculiare la vita».
Il secondo e il terzo comma sulla protezione del lavoro dei minori furono proposti dall’on. Bruno Corbi (Partito comunista italiano) che evidenziò come la legge del 26 aprile 1934 sul lavoro minorile fosse «la più arretrata fra quelle esistenti», mettendo in evidenza l’alto numero di giovani (un milione e mezzo su sei milioni e mezzo di iscritti alle organizzazioni sindacali) addetti a svolgere «un lavoro faticosissimo e pericolosissimo».

Il commento

L’articolo ha permesso l’approvazione di una legislazione volta ad affermare la piena uguaglianza formale tra lavoratori e lavoratrici. In particolare, la legge n. 903 del 1977 stabilisce che «è vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale».
Inoltre, a partire dagli anni Novanta si è andata affermando una politica tesa al raggiungimento dell’uguaglianza sostanziale (ovvero, effettiva), attenuando «un evidente squilibrio a sfavore delle donne, che, a causa di discriminazioni accumulatesi nel corso della storia passata per il dominio di determinati comportamenti sociali e modelli culturali, ha portato a favorire le persone di sesso maschile».
Quanto ai minori, la legislazione vieta il lavoro dei bambini (fino ai quindici anni di età) e consente quello degli adolescenti (fra i 15 e i 18 anni), purché il minore sia riconosciuto idoneo all’attività lavorativa mediante un esame medico e gli sia garantita la frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età.