Titolo II - Rapporti Etico-Sociali

Articolo 30

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.

La storia

Il dibattimento sull’art. 30 si concentrò intorno alla questione dei diritti da garantire ai figli nati all’interno e all’esterno del matrimonio. Alla fine, l’Assemblea si trovò concorde sulla necessità di garantire a tutti i figli la tutela giuridica e sociale.
Circa la prima, l’on. Mario Zotta (Democrazia cristiana) affermò: «Noi dovremmo garantire al figlio naturale, il quale si trovi di fronte a genitori non legati da vincolo di matrimonio, una protezione giuridica pari a quella del figlio legittimo».
Quanto alla tutela sociale l’on. Camillo Corsanego (Democrazia cristiana) affermò: «[…] hanno diritto questi figli naturali di vedere cadere gli ostacoli che si frappongono al loro ingresso nella vita sociale e civile, hanno soprattutto diritto, specialmente i bambini nelle scuole, di vedere cancellato dalla loro pagella scolastica quel figlio di N.N. che rappresenta per loro un tremendo marchio di inferiorità di fronte ai propri compagni».

Il commento

La Corte costituzionale ha interpretato il significato di «famiglia legittima» nel senso di famiglia nucleare «costituitasi col matrimonio del padre naturale e composta dal coniuge e dai figli legittimi». La riforma del diritto di famiglia del 1975 ha poi assimilato del tutto la posizione dei figli naturali – quelli concepiti fuori dal matrimonio che in passato venivano definiti «illegittimi» – a quella dei figli legittimi e ha circoscritto l’impossibilità per i genitori di effettuare il riconoscimento alla sola ipotesi dei figli incestuosi.
La Corte costituzionale ha svolto un ruolo di fondamentale importanza per rendere applicabile il secondo comma dell’articolo, che attribuisce allo Stato il compito di sostituirsi ai genitori nei casi in cui questi si dimostrino incapaci di svolgere le loro funzioni. La Corte, infatti, si è fatta promotrice della pratica dell’adozione, intesa come strumento di tutela dei minori volto a garantire ai bambini il diritto alla famiglia «a prescindere dalla loro nazionalità».