Una cittadinanza contesa: donne e letteratura

Un vero e proprio diritto di cittadinanza nel mondo delle lettere, le donne lo vedono riconosciuto assai tardi e tra molte difficoltà. Nel Medioevo l’unico territorio percorribile per la scrittura femminile era quello religioso, in cui, non a caso, la personalità dell’autore viene a porsi in secondo piano. Il primo momento di affermazione di una coscienza dei propri meriti artistici è il Rinascimento, epoca in cui si afferma pure, per la prima volta, una “questione femminile”. Occorrerà attendere il secondo Settecento, quando in Europa si forma una moderna borghesia e il livello di alfabetizzazione si innalza sensibilmente, per trovare un numero elevato di donne scrittrici, in particolare all’interno del genere romanzesco. Un terzo momento di fioritura sarà il secondo Ottocento, con la nascita del giornalismo moderno: le scrittrici privilegeranno soprattutto il genere del reportage (come Matilde Serao) e dell’autobiografia (Grazia Deledda, Sibilla Aleramo). Nel Novecento le scrittrici rivendicheranno finalmente un ruolo completamente paritario rispetto agli uomini, rifiutando di essere confinate nel recinto della “scrittura femminile”.


Stefano Prandi, allievo di Ezio Raimondi, ha insegnato Letteratura italiana presso l’Università di Berna dal 2001 al 2017, e dal 2018 presso l’Istituto di studi italiani dell’Università della Svizzera Italiana, di cui è Direttore. Tra i suoi ambiti di ricerca si possono menzionare la letteratura medievale, quella umanistica e rinascimentale, la poesia novecentesca e la teoria letteraria. Ha diretto varie opere di editoria scolastica, soprattutto sulla Commedia dantesca, è autore del corso “La vita immaginata” edito da A.Mondadori Scuola.

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