Fortuna del Laocoonte: dalla scoperta (1506) al Novecento

Salvatore Settis

Il 14 gennaio 1506 la scoperta casuale del Laocoonte a Roma destò enorme scalpore: la cultura umanistica del tempo era tanto diffusa che subito si riconobbe nel gruppo scultoreo lo stesso che Plinio il Vecchio aveva citato come presente nella casa dell’imperatore Tito. Opera di maestri di Rodi che tenevano bottega a Roma nel I secolo a.C., la scultura venne subito menzionata nei rapporti degli ambasciatori e nei poemi degli umanisti, disegnata e riprodotta dagli artisti, desiderata dai sovrani d’Europa, ma rimase saldamente nelle collezioni pontificie dove è tuttora. La sua fortuna, da allora ad oggi, non ha mai avuto pause: studiato e variato da artisti di ogni Paese e di ogni età, rimaneggiato e “profanato” in caricature e annunci pubblicitari, il Laocoonte è una cartina di tornasole per intendere, dal 1506 ad oggi anzi a domani, il nostro rapporto con l’antichità greco-romana.




Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, ha diretto il Getty Research Institute di Los Angeles, la Scuola Normale Superiore di Pisa e la Cattedra della Scuola del Museo del Prado. È presidente del Consiglio scientifico del Louvre e Accademico dei Lincei. Ha ricevuto due lauree honoris causa in Giurisprudenza e una in Architettura. È autore di fondamentali studi di arte antica e ha scritto numerosi saggi di impegno politico e civile.
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