100 anni di Margherita

di Maila Agostini
  • Materia coinvolta: Fisica

“Margherita. È un fiore semplice e bello, un fiore comune, anzi popolare, che riempie i campi a Giugno, proprio il mese del mio compleanno. Ed è il nome che hanno scelto per me i miei genitori”.
Ritratto di Margherita Hack per il suo centesimo compleanno.

 

100 anni di Margherita

Il 12 Giugno 1922 nasce, in via Centostelle a Firenze, una bambina vivace e curiosa che i genitori chiameranno Margherita. I genitori di Margherita appartengono alla Società Teosofica, un’associazione che prende spunto da una disciplina indiana che prevede il rispetto di tutti gli esseri viventi. Con questo background, Margherita cresce in una maniera che per l’epoca era molto anticonvenzionale, libera di decidere per sé stessa, lettrice appassionata, vegetariana convinta e sostenitrice dei diritti degli animali, anche se non aderirà mai essa stessa alla Società Teosofica.

Figlia unica, a causa di traslochi e malattie ottenne la licenza elementare quasi da privatista; questo la portò a essere piuttosto sola, ma anche ad apprezzare i libri, gli animali e il verde. Si iscrisse poi al ginnasio e fu una studentessa senza infamia e senza lode. Preferiva comunque trascorrere del tempo all’aperto: il Bobolino, giardino pubblico che era vicino a casa sua, era il suo parco giochi. Fu lì che conobbe il marito Aldo, quando erano ancora bambini.
Questa sua vena “scavezzacollo”, come la chiamava lei, la portò ad appassionarsi all’atletica; nonostante una figura disastrosa ai Giochi della Gioventù a Roma, fu notata da un ex campione italiano di salto con l’asta, che la invitò ad allenarsi al campo di atletica della società Giglio Rosso. Lì cominciò ad allenarsi per il salto in alto e il salto in lungo.
Ma la sua vera passione sportiva era la bicicletta; un ferragosto, per rispettare la tradizione della gita fuori porta, decise con un amico di andare in bici a Viareggio, in giornata: 200 km tra andata e ritorno, con delle bici pesanti e senza cambio!

Antifascista convinta, rischiò l’esplulsione dalla scuola per aver espresso con forza i suoi sentimenti durante una discussione con i compagni. Tuttavia, grazie al preside, segretamente antifascista, fu solo sospesa. Rischiò comunque di non essere ammessa all’esame di maturità. Ma nel 10 Giugno del 1940 l’Italia entrò in guerra e gli esami furono soppressi; si veniva promossi o bocciati con la media dell’anno e Margherita venne promossa, pur con la media del 6 in matematica e fisica, che erano le sue materie preferite.
Lei era in piazza Duomo con la sua bicicletta, quando gli altoparlanti diffusero la notizia dell’ingresso in guerra dell’Italia; per protesta tolse la bandierina tricolore dalla sua bici, e non la rimise mai più.

Si iscrisse quindi alla facoltà di lettere; più per inerzia che per passione. Aveva sempre avuto facilità a scrivere e non conoscendo bene le varie facoltà, fece questa scelta.
La prima ora di università fu per lei di una noia terribile! Convinta di aver sbagliato strada, provò a condividere la scelta che aveva seguito una sua amica: fisica!
Le prime lezioni furono tenute da uno dei maggiori matematici italiani dell’epoca, Giovanni Sansone, che chiedeva spesso ai suoi studenti di proseguire o ripetere le dimostrazioni che presentava. In realtà Margherita non riusciva a seguire le lezioni o prendere appunti, e non faceva mai una bella figura alla lavagna!

Al terzo anno seguì delle lezioni di astrofisica all’Osservatorio di Arcetri, ma non le trovò particolarmente interessanti e certamente non pensò che l'astrofisica sarebbe stata la sua vita per i successivi cinquanta anni! Dai suoi racconti, a "fare il suo “mestiere”c’è finita per caso.
All’epoca le lezioni di astrofisca erano un compendio di tutto ciò che si sapeva fino ad allora: macchie solari, protuberanze e filamenti, molta astronomia e qualche scoperta recente, come la legge di Hubble e la scoperta delle nane bianche. Tutte le ricerche venivano effettuate con gli strumenti a terra.
Margherita avrebbe voluto preparare una tesi sperimentale in elettronica, ma all’epoca l’ultima parola era del direttore dell’Istituto, che le assegnò una tesi compilativa. A quel punto, cercò un’alternativa, e l’unica possibile era l’astronomia.

Iniziare il suo primo lavoro di ricerca la appassionò: imparò presto come funzionava il telescopio, l’allineamento del cannocchiale guida e lo sviluppo delle lastre fotografiche. Si trattava di studiare delle stelle variabili chiamate Cefeidi; utilizzando lo spettro doveva valutare le variazioni di luminosità e temperatura. Grazie a queste osservazioni, oggi le Cefeidi sono considerate dei punti di riferimento per la misura delle distanze in astronomia.

Sguardo Fisico, Immagine Wikimedia Commons, licenza CC - Crediti: Comune di Milano

Il periodo della sua tesi però, coincidette anche con la fine della Seconda Guerra Mondiale; a causa della distruzione che i tedeschi lasciarono in città nel 1944, il suo lavoro di tesi restò indietro. Riuscì a laurearsi solo l’anno successivo, nel 1945.
Dopo qualche anno ottenne il posto come assistente di ruolo alla cattedra di Astronomia, e non dimenticherà mai il commento di un collega, quando lei disse che avrebbe voluto diventare direttore di osservatorio: “Figurati… una donna!”.

Nel frattempo si era sposata con il suo compagno e amico di sempre, Aldo. Pur essendo atea convinta, dovette scendere a compromesso, e si sposò con lui in chiesa. Cominciò inoltre a tenere le lezioni di matematica e geometria per gli “occhialai” del corso di Ottica. Tuttavia era un lavoro senza prospettive; decise quindi di spostarsi a Milano alla Ducati, dove avrebbe scritto le istruzioni per una nuova macchina fotografica. Mentre lavorava, cominciò a studiare anche per diventare aiuto astronomo, la prima tappa per la sua carriera da scienziata. Ma arrivò solo nona su otto posti disponibili. Continuò quindi a lavorare alla Ducati, dove però il lavoro langueva a causa del dopoguerra.  Finalmente, dopo 18 anni, il suo relatore fu “promosso” da assistente ad astronomo, e lei venne quindi nominata assistente al suo posto, con incarico temporaneo. Cominciò quindi a pensare a un suo programma di ricerca. Fondamentale per i suoi progressi nel campo fu il marito Aldo, che la incoraggiò sempre a farsi avanti.

Ormai l’Osservatorio di Arcetri cominciava a starle stretto; fece quindi domanda per l’Institute d’Astrophysique di Parigi. All’epoca si trattava di una città incredibilmente più libera e tollerante delle città italiane, e la differenza si notava anche nel trattamento riservato alle donne all’istituto, ricercatrici alla pari e con libertà di proporre idee e portarle avanti. Cominciò quindi il suo pellegrinaggio: di nuovo Firenze, poi Merate, Olanda, Dublino, USA, Russia. Tornò infine a Merate, ma continuò a viaggiare molto all’estero per lavoro. Durante un incontro di Fisica cosmica a Bologna un suo collega le comunicò che finalmente aveva vinto una cattedra all’Università di Trieste. Si prospettava quindi un nuovo trasloco.

L'Osservatorio Astronomico di Trieste - crediti: OATS, Wikimedia Commons

In tutta la sua vita, Margherita Hack cambierà spesso casa, città e paese, prima a causa del regime fascista, poi per motivi di lavoro. Nonostante questa situazione non gli dispiacesse, dopo la fatica dell’ultimo trasloco nella casa di Trieste, decise, insieme con il marito Aldo, che non avrebbe più traslocato.
Il direttore dell’Osservatorio di Trieste era un uomo di altri tempi, che aveva occupato ben 10 stanze dell’edificio dell’Osservatorio e trattava il custode e sua moglie come dei domestici. Nonostante tutto, quell’anno, il 1963, diventò direttrice dell’Osservatorio e cominciò una profonda opera di rinnovamento, cominciando dagli argomenti del suo corso e, ovviamente, liberando le stanze in cui alloggiava il vecchio direttore. Fu necessario contattare il Ministero per convincere l’uomo a lasciare l’edificio. Piano piano, lottando anche contro la burocrazia, Margherita riuscì ad attirare i giovani e far conoscere le ricerche del suo Osservatorio in ambito internazionale. Man mano che la sua attività di scienziata “attiva” decresceva, aumentavano invece i suoi impegni nella divulgazione scientifica e nella politica. Fu perfino attrice in uno spettacolo teatrale tradotto da un suo libro, “Variazioni sul cielo”.

Nel 1997, andò infine in pensione e in quel periodo era solita dire “Non ho più un minuto libero!”, infatti scriveva libri e teneva conferenze viaggiando in tutta Italia; così, da quegli anni in poi, la divulgazione astronomica in Italia ha parlato sempre più in fiorentino. Già il fatto di essere una donna la distingueva dai suoi colleghi; ma il parlare con linguaggio quotidiano della scienza la avvicinava alla gente in maniera naturale. Per questo il suo contributo è stato fondamentale, nell’ambito della divulgazione astronomica.
Morì nel 2013, senza essersi mai fermata.

 

Attività per la classe

Dividetevi in gruppi ed effettuate una ricerca sulle “candele standard” in astronomia. Preparate poi una presentazione, un saggio o anche un piccolo spettacolo teatrale, della durata massima di 10 minuti, per raccontare al resto della classe il risultato delle vostre ricerche.

 

Bibliografia

La mia vita in bicicletta, Margherita Hack

Una vita tra le stelle, Margherita Hack

La mia Firenze. In riva all’Arno con Margherita Hack, Loris Dilena e Margherita Hack

L’universo di Margherita, Simona Cerrato e Margherita Hack