Dalla catastrofe alla vita

di Edwige Pezzulli
  • Materie coinvolte: Fisica e Biologia

È grazie all’ossigeno presente in atmosfera che alcune forme di vita, come la nostra, riescono a popolare il pianeta Terra. Ma per alcuni organismi del passato questa molecola non era necessaria. Anzi, ha rappresentato un terribile pericolo, responsabile della prima grande estinzione di massa.

 

Ossigeno è vita?

Immaginiamo di essere atterrati con una navicella su un pianeta extraterrestre. Come saremmo vestiti per una passeggiata sul suolo alieno? La maggior parte di noi si visualizzerà in una tuta spaziale, probabilmente pressurizzata e ricca d’aria per poter respirare agevolmente.
Tra le caratteristiche che rendono la Terra adatta alla nostra vita, infatti, c’è sicuramente la composizione della sua atmosfera, in particolare la presenza nell’aria di ossigeno libero: senza di esso molti organismi, tra i quali l’essere umano, non sarebbero in grado di sopravvivere.
L’ossigeno infatti è alla base della respirazione cellulare aerobica - da non confondere con la respirazione polmonare. Quest’ultima è un processo che riguarda solo una parte degli esseri viventi e grazie al quale avviene lo scambio di gas negli alveoli dei polmoni. Da lì, l’ossigeno passa nel sangue, si lega ai globuli rossi e viene infine scambiato con le cellule dell’organismo per svolgere la respirazione cellulare, un processo attraverso cui la gran parte delle cellule eucariote (tra cui le nostre) si procurano solitamente l’energia necessaria a compiere le loro diverse funzioni. La respirazione cellulare è quindi una sequenza di reazioni chimiche attraverso le quali i nutrienti presenti nelle cellule vengono scomposti in molecole più semplici. Grazie a queste trasformazioni, che richiedono la presenza di ossigeno, si può ottenere energia.
Quello che vale per le nostre cellule, però, non è vero per molte altre. Anzi, ci sono stati (e ci sono ancora) esseri viventi per i quali l’ossigeno non solo non era indispensabile, ma è risultato addirittura letale.

 

La catastrofe dell’ossigeno

Circa 3 miliardi e mezzo di anni fa, l’atmosfera terrestre era costituita principalmente da vapore acqueo, anidride carbonica e ossidi di azoto. Nell’aria, così come negli oceani, non c’era traccia di ossigeno molecolare (O2) libero. A quel tempo, la Terra era popolata da organismi primordiali anaerobici, ossia organismi le cui funzioni vitali non si basano sulla presenza di ossigeno.
Fu in quel contesto che comparvero forme di vita in grado di sfruttare la luce solare come fonte di energia: i cianobatteri. Si tratta di un meccanismo molto vantaggioso, che permette a questi organismi unicellulari di sintetizzare autonomamente le molecole organiche di cui hanno bisogno:
6 CO2 + 6 H2O + energia solare → C6H12O6 + 6 O2
Il processo chimico in questione è la fotosintesi che, grazie ai raggi solari, trasforma 6 molecole di anidride carbonica (6 CO2) e 6 di acqua (6 H2O) in glucosio (C6H12O6 + 6 O2), una sostanza organica che rappresenta la fondamentale fonte di energia per la vita delle cellule. Durante questa reazione, come prodotto di “scarto” vengono liberate anche 6 molecole di ossigeno (6 O2), che, dopo la comparsa dei cianobatteri, ha così iniziato ad accumularsi nell’atmosfera e negli oceani terrestri.

Gli organismi presenti allora sulla Terra vivevano in assenza di ossigeno e, al contrario della maggior parte di quelli odierni, non avevano sviluppato degli enzimi in grado di proteggerli dagli effetti letali dovuti al contatto con questa molecola. L’ossigeno, infatti, è molto reattivo e, se non controllato, tende a degradare in fretta i composti organici.
Con l’accumulo di O2 derivante dalla fotosintesi, quindi, gli organismi anaerobici si ritrovarono in un ambiente per loro via via sempre più tossico, fino a diventare fatale. Moltissimi anaerobi si estinsero, alcuni si rifugiarono in zone prive di ossigeno, e la Terra fu colonizzata da quegli esseri viventi che avevano invece imparato a svolgere la respirazione cellulare, sfruttando l’ossigeno per la produzione di energia.
Così, se da una parte la fotosintesi ha permesso l’evoluzione di forme di vita aerobiche più complesse, dall’altra ha però determinato la prima grande estinzione di massa nella storia del nostro pianeta.

I colori della fotosintesi

La fotosintesi è quel processo grazie al quale alcune cellule, dette fotosintetiche, sono in grado di combinare gli atomi di idrogeno sottratti all’acqua con le molecole di CO2, dando così origine a composti organici, come appunto il glucosio.
L’acqua però è un composto molto stabile. Per provocare la sua scissione ed estrarre così atomi di idrogeno, è necessaria l’energia della luce solare e la presenza nelle cellule di molecole in grado di assorbirla. Queste molecole, dette pigmenti e presenti nelle cellule fotosintetiche, assorbono i fotoni e innescano un processo a catena che porta alla separazione degli atomi di idrogeno e di ossigeno dell’acqua.
I pigmenti sono specializzati nell’assorbire solo fotoni di particolari lunghezze d’onda: le altre radiazioni vengono invece riflesse, risultando così “colorati”.
Ecco l’origine del verde brillante delle foglie: la clorofilla, un pigmento presente nelle piante verdi e negli organismi procarioti che svolgono la fotosintesi, assorbe più o meno efficacemente tutte le lunghezze d’onda della luce visibile, tranne quelle nell’intervallo di circa 500nm - 600nm, corrispondente proprio a quello che i nostri occhi percepiscono come verde. Ed ecco spiegato anche il nome dei cianobatteri: questi organismi, infatti, possiedono altri pigmenti fotosintetici oltre alla clorofilla, le ficobiline, che assorbono fotoni a lunghezza diversa da quella del pigmento verde e che donano ai cianobatteri un caratteristico colore azzurro-ciano.

La fotosintesi è stato un processo fondamentale per l’evoluzione della vita sulla Terra, avendo creato le condizioni per l’evoluzione di forme di vita complesse. Essa trasforma energia luminosa in quella chimica e lo fa producendo una vera e propria forma di “stoccaggio” dell’energia, il glucosio. Non stupisce che, negli ultimi anni, la ricerca scientifica stia tentando di sfruttare questo meccanismo per la realizzazione di dispositivi in grado di raccogliere energia pulita. Chissà se, questa volta, non sarà proprio la fotosintesi ad aiutarci a scongiurare le catastrofi che l’attività umana rischia di provocare.

 

Scheda docente

Clicca sull'icona e scarica il PDF