La corsa ai vaccini: una cento metri o una maratona?

di Stefania Franco

La corsa ai vaccini è stata veloce, ma non frettolosa, serrata ma non approssimativa. Quello a cui abbiamo assistito nell’ultimo anno è stato solo il rush finale di una maratona iniziata molto tempo prima

 

I tempi dei vaccini

“Presto e bene raro avviene”, dice la saggezza popolare per invitarci alla calma e alla cura dei dettagli. Guardando questo grafico la domanda sorge spontanea: perché il vaccino contro COVID-19 ha richiesto solo dieci mesi dall’inizio della ricerca alla sua approvazione, mentre per altri vaccini i tempi sono stati molto più lunghi? Non sarà che nella fretta è stato trascurato qualcosa che potrebbe mettere in pericolo la nostra sicurezza? 

 


Source: Our World in Data; Nature analysis

In un precedente articolo abbiamo raccontato le vicende che hanno condotto ai vaccini contro COVID-19 come una storia di ingenti finanziamenti e cooperazione internazionale. Durante la seconda guerra mondiale una collaborazione tra l’azienda biotecnologica tedesca BioNtech e il colosso americano Pfizer sarebbe stata impensabile, così come lo sarebbe stata ai tempi della Guerra fredda quella tra l’Istituto di ricerca russo Gameleja e la casa farmaceutica anglo-svedese AstraZeneca. Ma la collaborazione e il denaro non sono stati gli unici elementi decisivi. Le vicende dell’ultimo anno sono come un iceberg di cui noi vediamo solo la punta, ma al di sotto della superficie del 2020 c’è una storia molto più lunga, che trae frutto dall’esperienza degli ultimi due secoli nel campo della vaccinologia e di cui i vaccini a mRNA (quelli di Pfizer BioNtech e Moderna, per intenderci) costituiscono un nuovo capitolo. 

 

L’era dei farmaci biotecnologici

A voler individuare un inizio per questo nuovo capitolo, dovremmo risalire agli anni Cinquanta, quando Werner Arber, Daniel Nathans e Hamilton Smith hanno individuato gli enzimi di restrizione che riconoscono le sequenze palindrome all’interno del DNA. Questa scoperta è alla base della tecnica del DNA ricombinante, messa a punto da Herbert Boyer, cofondatore nel 1976 della prima azienda biotecnologica, la Genentech. Ha inizio così la produzione di una nuova generazione di farmaci biotecnologici, tra cui alcuni molto diffusi come l’insulina sintetica. 

Dalla stessa radice nasce il filone della terapia genica, che inizialmente si concentra sulla modificazione del DNA per poi passare, negli anni Novanta, a quella del mRNA: in questo modo non è più necessario modificare in modo permanente il DNA, ma soltanto l’RNA messaggero, che trasferisce le informazioni genetiche alle proteine. A credere in questa tecnologia è Katlin Karikò, una ricercatrice di origine ungherese all’università della Pennsylvania, ma purtroppo non riesce a ottenere finanziamenti per le sue ricerche: il problema è che l’mRNA sintetico produce spesso una reazione immunitaria perché l’organismo lo riconosce come estraneo. Sembra dunque che questa strada non sia percorribile, ma Karikò non abbandona l’idea e all’inizio degli anni 2000 inizia la collaborazione con Drew Weissmann, che stava cercando un vaccino per l’HIV. 

Il risultato arriva nel 2005: i due ricercatori scoprono che modificando una lettera nell’mRNA si inibisce la reazione immunitaria dell’organismo. Questa scoperta, passata abbastanza in sordina al momento della pubblicazione, attira l’attenzione di due personaggi chiave per la storia dei vaccini a mRNA: Derek Rossi, tra i fondatori di Moderna nel 2010 e Ugur Sahin che insieme alla moglie Özlem Tureci fonda BioNtech nel 2008. Le due aziende acquistano i diritti di utilizzo della scoperta di Karikò e Weissmann e cominciano a lavorare a progetti indipendenti. I loro sforzi convergono a partire dall’inizio del 2020 per portare alla scoperta dei due principali vaccini a mRNA che hanno finora ottenuto l’autorizzazione da parte di Stati Uniti ed Unione Europea (oltre che di altri Stati). Si tratta di un’autorizzazione provvisoria, ma nessuna fase dei trial clinici di routine è stata saltata: semmai il processo è stato accelerato, dal momento che l’utilizzo di piattaforme digitali comuni ha permesso di avviare gli studi di fase tre mentre erano ancora in corso quelli di fase due. E con questo veniamo a un altro punto chiave della nostra storia: la digitalizzazione.

 

La digitalizzazione della ricerca

Ai tempi in cui Edward Jenner mandava alla Royal Society le sue relazioni sui risultati ottenuti con il vaccino contro il vaiolo potevano servire diversi giorni prima che le informazioni arrivassero da Berkeley, dove Jenner condusse i suoi primi esperimenti, a Londra. La digitalizzazione non significa soltanto che oggi le comunicazioni possono avvenire in tempo reale; in un senso più profondo significa che la ricerca stessa è migrata su piattaforme digitali. Il 9 gennaio 2020 gli scienziati cinesi hanno annunciato di aver individuato in SARS-COV-2 il virus responsabile della nuova epidemia e il giorno dopo la sequenza del genoma è stata depositata in GenBank, una banca dati open access. Gli scienziati non hanno dovuto aspettare di ricevere per posta campioni di materiale biologico, ma hanno iniziato a lavorare direttamente sulle informazioni fornite nel database e che potevano consultare liberamente. La digitalizzazione ha anche velocizzato le modalità di raccolta, analisi e condivisione dei dati, che è stata indispensabile nelle fasi di trial clinici. All’inizio degli anni Ottanta, quando iniziava la sperimentazione del vaccino contro l’epatite B, i trial erano condotti annotando gli effetti su cartelle cliniche cartacee. In seguito l’utilizzo di supporti informatici ha sicuramente agevolato le operazioni di raccolta, analisi e condivisione dei dati, ma solo con l’utilizzo di piattaforme condivise è stato possibile confrontare i risultati ottenuti accorciando notevolmente i tempi.

 

Sempre più veloce

La storia del vaccino in un anno non rende giustizia a una vicenda che è stata molto più lunga e complessa, ma volendo dare una risposta breve alle domande con cui abbiamo aperto questo articolo potremmo usare due parole: accelerazione tecnologica. Il progresso scientifico tende a essere esponenziale perché ogni nuova scoperta o invenzione favorisce la proliferazione di altre scoperte e invenzioni. Pertanto, non dobbiamo stupirci più di tanto se la ricerca in campo biomedico procede sempre più velocemente. 

Ma non rischiamo, in questo modo, di sacrificare la sicurezza? Il detto popolare “chi va piano arriva sano e va lontano” non è sempre confermato dall’esperienza. Per esempio, la maggior parte degli incidenti ferroviari non coinvolge i treni ad alta velocità, ma i treni più lenti, che sono spesso più vecchi e viaggiano su infrastrutture deteriorate. Allo stesso modo la corsa ai vaccini potrà continuare spedita a patto di mantenersi su binari sicuri. 

 

Scheda Studente – Indagine

Le innovazioni non arrivano da un giorno all’altro ma poggiano sempre su conoscenze pregresse. Osservate questo schema che illustra a grandi linee il meccanismo di funzionamento dei vaccini a mRNA e, con l’aiuto dell’insegnante, individuate le scoperte senza le quali non sarebbe stato possibile sviluppare questa nuova tecnologia, cercando di trovare per ognuna un’ulteriore precedente scoperta.

Scheda Studente – Confronto e dibattito – Educazione Civica

L’espressione corsa ai vaccini è entrata nel linguaggio giornalistico in tempi recenti e rimanda a un’altra corsa scientifica, quella allo spazio condotta a partire dagli anni Sessanta. Tuttavia le due corse sono molto differenti tra loro, al punto che, per rimanere nella metafora agonistica, potremmo quasi parlare di sport differenti. 

La corsa allo spazio e quella ai vaccini sono rappresentative di due modelli di ricerca differenti: uno basato sull’accentramento in programmi di ricerca pubblici, l’altro basato sulla competizione tra tante aziende indipendenti. Dividetevi in due gruppi di opinione. Un gruppo dovrà argomentare vantaggi e svantaggi della ricerca scientifica guidata dallo Stato (per quanto riguarda obiettivi e finanziamenti); l’altro gruppo, invece, metterà in luce vantaggi e svantaggi della competizione tra aziende private in relazione al progresso scientifico e ai profitti sociali ed economici.