Tèseo
(gr. Theséus, lat. Theseus)

Caratteristiche e genealogia
Eroe civilizzatore e mitico sovrano di Atene: a lui veniva in genere attribuita l’unificazione dei diversi demi (villaggi) attici, nota con il nome di ‘sinecismo’ (letteralmente «coabitazione»). Era figlio di Egeo, che fu re di Atene dopo il padre adottivo Pandìone, nonostante l’opposizione dei suoi fratelli e in particolare di Pallante e dei suoi figli. Egeo, afflitto per l’assenza di figli, si recò a Delfi per interrogare la Pizia. L’oracolo gli rispose con parole enigmatiche («non sciogliere i piedi dell’otre prima di essere arrivato al punto più alto di Atene») che Egeo sottopose al saggio Pìtteo, re di Trezène. Questi intese l’oracolo e fece in modo che Egeo, opportunamente ubriacato, giacesse con sua figlia Etra: in questo modo fu concepito Teseo (per quanto diverse tradizioni attribuiscano la paternità a Poseidone, che si sarebbe congiunto con Etra poco prima di Egeo). Nel lasciare Trezene, Egeo nascose sotto un masso una spada e un paio di sandali, rivelandone la presenza alla sola Etra: se fosse nato un figlio e fosse stato in grado di sollevare il macigno, gli oggetti nascosti avrebbero costituito un sicuro segno di riconoscimento per il padre. Da questo «deposito» (thésis) di oggetti segreti sarebbe derivato il nome dell’eroe, secondo un’etimologia riportata da Plutarco nella Vita di Teseo. Il figlio di Etra e di Egeo crebbe a Trezene, allevato dal nonno Pitteo.

Imprese giovanili
Una volta divenuto adulto, Teseo superò la prova predisposta dal padre, recuperò gli oggetti nascosti e con essi si recò ad Atene. Qui, sotto falsa identità, prese parte a un banchetto nella reggia di Egeo, che nel frattempo si era unito a Medea, scacciata da Corinto dopo la morte di Creonte e di Glauce/Creusa. La maga indovinò la vera identità dell’ospite e persuase Egeo ad ucciderlo, per timore che egli venisse preferito a Medo, il figlio che lei aveva dato al re di Atene. Ma prima che Teseo potesse bere del vino avvelenato offertogli da Medea, Egeo riconobbe la sua spada e impedì l’omicidio, scacciando quindi la maga da Atene. Secondo un’altra versione, il metodo escogitato da Medea per eliminare il rivale di Medo fu assai simile a quello già toccato a Giasone: ella convinse Egeo a sottoporre l’ospite ad una prova apparentemente impossibile, la cattura e l’uccisione del toro di Maratona, che infestava le campagne dell’Attica. Teseo eseguì senza sforzo l’incarico, e quando stava per sacrificare ad Apollo il toro, Egeo lo riconobbe dalla spada estratta per sgozzare l’animale. L’impresa del toro di Maratona è in ogni caso una delle tante gesta che Teseo ha in comune con un eroe per molti aspetti a lui omologo, il dorico Eracle.

Nel tragitto fra Trezene e Atene Teseo aveva nel frattempo compiuto, secondo la tradizione, alcune delle imprese che fanno di lui – come di Eracle – un tipico eroe civilizzatore e uccisore di mostri: a Crommiòne, fra Corinto e Megara, uccise la scrofa Fea, animale ferocissimo che infestava strade e campagne; a Epidauro vinse e assassinò il brigante Perifète, figlio di Efesto, sottraendogli la clava bronzea con la quale egli soleva uccidere chiunque capitasse sulla sua strada; liberò inoltre il tragitto per Atene da altri temibili malfattori: il brigante Sciròne, figlio di Pèlope, che nei pressi di Megara uccideva i viaggiatori gettandoli in pasto a una tartaruga, dopo averli costretti a lavargli i piedi; il semidio Cercìone, figlio di Poseidone, che sulla strada di Eleusi sfidava alla lotta e puntualmente uccideva ogni malcapitato; Procrustre (o Procuste), che eliminava i passanti con il supplizio che da lui prese il nome: un letto su cui le vittime venivano mutilate o costrette a una mortale trazione delle membra; Sini, figlio di Poseidone, che sull’istmo di Corinto destinava ai suoi prigionieri una morte non meno fantasiosa, utilizzando un pino – di cui piegava la punta sino al suolo – come una sorta di letale catapulta cui i passanti venivano variamente legati (in suo onore e a espiazione della sua morte, Teseo avrebbe fondato i giochi istmici).

Quando Teseo fu ufficialmente riconosciuto da Egeo come legittimo figlio ed erede, i figli di Pallante tramarono contro lo zio e il cugino: ma Teseo, avuta notizia del complotto, affrontò e uccise i suoi assalitori. Quindi fu processato e assolto, essendo stata riconosciuta la legittimità dell’omicidio.

Ancora regnante Egeo, Atene si trovava sottoposta al tributo umano dovuto a Minosse, re di Creta, che dopo l’uccisione di suo figlio Andrògeo da parte di Egeo, e contando sulla propria indubbia superiorità militare, aveva imposto alla città di inviare ogni anno cinquanta ragazzi e cinquanta ragazze da dare in pasto al Minotauro, la creatura semiferina nata da Pasìfae. Gli ateniesi, ormai logorati dal triste debito annuale, imposero a Egeo di mandare fra i giovani destinati alla morte anche il proprio figlio: Teseo si avviò alla volta di Creta e promise al padre che sarebbe senza dubbio tornato dopo aver ucciso il Minotauro; allora, egli avrebbe cambiato vele della nave – tradizionalmente nere a segno di lutto – con vele bianche. Giunto a Creta, Teseo riuscì ad ottenere l’aiuto di Arianna, figlia di Minosse, innamoratasi di lui: secondo lo schema mitico attivo anche nella vicenda di Giasone e Medea, Teseo promise ad Arianna di sposarla in cambio del suo aiuto. Ebbe così il gomitolo di filo che gli avrebbe permesso di orientarsi all’interno del labirinto entro cui era rinchiuso il Minotauro. Teseo riuscì nell’impresa, uccidendo il mostro e liberando Atene dal pesante tributo umano. Ma non mantenne la promessa fatta ad Arianna, che fu abbandonata, sulla via del ritorno, nell’isola di Nasso. Qui la donna, affranta, fu incontrata e salvata dal dio Dioniso, che la portò con sé a Lemno e ne fece un membro del proprio corteo. Numerose sono le varianti del mito che tentano di scagionare Teseo dallo sleale abbandono di Arianna, e alcune di esse ambientano la vicenda a Cipro. Al suo ritorno in Atene, Teseo dimenticò di issare le vele bianche avrebbero dovuto segnalare la buona riuscita dell’impresa: Egeo, vedendo le vele nere e credendo morto il figlio, si suicidò gettandosi nel mare che da allora avrebbe portato il suo nome.

Teseo e Pirìtoo
Fra le imprese collocabili nella gioventù di Teseo (ma non sempre chiara è la cronologia relativa delle gesta attribuite all’eroe) sono da annoverare quelle che lo vedono accompagnato da Piritoo: i due eroi costituivano, per gli antichi, una coppia di amici pressoché proverbiale. Secondo un racconto fatto proprio da Plutarco, Teseo si sarebbe invaghito di Piritoo quando questi ebbe il coraggio di sfidarlo, dopo averlo provocato con un furto di buoi. Da allora l’amicizia fra i due fu salda e incrollabile. Insieme presero parte alla caccia al cinghiale di Calidone, al combattimento contro i Centauri (colpevoli di aver attentato alle virtù di Ippodamìa, moglie di Piritoo), al rapimento di Elena da Sparta (ma secondo alcune fonti Teseo avrebbe avuto circa cinquant’anni, ed Elena solo sette), a una catabasi infernale che è ricordata anche dall’Odissea (XI 322-324) e che aveva come scopo nientemeno che il ratto di Persèfone, di cui Piritoo voleva fare la propria sposa. Ma Ade ingannò i due eroi e li avvinse a un seggio magico che procurava eterna dimenticanza. Teseo (secondo differenti versioni, anche Piritoo) fu liberato successivamente da Eracle, uno dei pochi altri eroi cui si attribuisca una discesa agli inferi.

Altre imprese
Secondo una tradizione legata alla vicenda di Teseo a Creta, l’eroe ateniese avrebbe preso in sposa Fedra, figlia di Minosse e di Pasìfae. Ma nel frattempo egli si era legato altresì alla regina delle Amazzoni, Antìope o Ippolita secondo le diverse fonti, conosciuta durante una guerra – combattuta a fianco di Eracle – contro il regno delle donne guerriere. Le Amazzoni si presentarono al matrimonio di Teseo e Fedra intenzionate a vendicare l’affronto recato alla loro regina, ma vennero sconfitte e Ippolita stessa morì durante la battaglia. Da lei Teseo aveva già avuto il figlio Ippolito, del quale, secondo il mito raccolto in una tragedia perduta di Sofocle (Fedra), in due tragedie di Euripide (l’Ippolito velato e l’Ippolito incoronato, di cui solo la seconda è sopravvissuta) e quindi in una tragedia di Seneca (Fedra), si sarebbe però innamorata la nuova sposa Fedra. Tale amore – innaturale e inconfessabile, perché coinvolgente figliastro e matrigna – fu causato dall’ira di Afrodite, offesa contro Ippolito che si era votato alla castità e al culto esclusivo della dea vergine Artemide. Quando il giovane venne a sapere da una serva del peccaminoso amore nutrito da Fedra, reagì con rabbia e oppose alla donna un diniego senza riserve. Fedra, disperata, risolse di uccidersi, ma prima di darsi la morte lasciò a Teseo un messaggio in cui accusava il figliastro di averla violentata (è il motivo mitico noto anche alla tradizione biblica – dove coinvolge Giuseppe e la moglie di Putifarre [Genesi 39] – e ad altre vicende greche). Teseo, credendo alle parole della moglie morta, invocò contro Ippolito una terribile maledizione che Poseidone – ritenuto il vero padre dell’eroe – aveva promesso di mandare a termine contro ogni suo possibile nemico. Ippolito finì ucciso, travolto dai suoi cavalli imbizzarriti per l’improvvisa emersione dal mare di un mostro inviato da Poseidone. Solo in punto di morte riuscì a parlare con Teseo, che nel frattempo era venuto a conoscere la verità e deve chiedere perdono al figlio. La vicenda è variamente ambientata (per Euripide essa si svolge a Trezene, per Seneca ad Atene) e talvolta collocata in un periodo pressoché contemporaneo alla discesa agli inferi di Teseo e Piritoo.

Fra le gesta attribuite a Teseo – spesso oggetto di trattazione da parte di poeti e scrittori ateniesi, che celebravano nell’eroe caratteri di coraggio, generosità e altruismo ritenuti tipici della propria tradizione patria – va annoverato l’aiuto reso ad Adrasto, sopravvissuto alla guerra dei Sette contro Tebe, che a Teseo chiese sostegno per recuperare, contro la volontà del re Creonte, i cadaveri dei soldati argivi (il mito è narrato nelle Supplici di Euripide); l’aiuto reso a Edipo, sempre ai danni di Tebe e di Creonte, quando Teseo si oppose al rimpatrio dell’eroe, giunto cieco e supplice ad Atene insieme alla figlia Antigone (la vicenda è oggetto dell’Edipo a Colono di Sofocle); infine, l’aiuto reso a Eracle (al quale l’avevano già unito diverse imprese) quando questi, colpevole dell’omicidio della moglie Mègara e dei figli, compiuto per un momentaneo ottenebramento indotto da Era, intendeva espiare il proprio gesto con il suicidio: ma il sovrano ateniese lo convinse a desistere, offrendogli ospitalità nella propria città, dove Eracle sarebbe quindi morto e divenuto oggetto di culto eroico (è questo il soggetto dell’Eracle di Euripide).

Assai discussa è la partecipazione di Teseo all’impresa degli Argonauti (ne fa menzione Apollodoro, Biblioteca I 9,16) e avvolta nel mistero la sua morte. Essa è talvolta posta in connessione con il rapimento di Elena. I due fratelli della donna, Castore e Polluce, avrebbero chiesto la restituzione della sorella. Gli Ateniesi si rifiutarono, i Dioscùri invasero l’Attica durante un’assenza di Teseo e ne seppe approfittare Menèsteo – discendente di Erètteo e capo del contingente ateniese in séguito inviato contro Troia – usurpandone il trono. Teseo, impossibilitato a tornare in patria, trovò rifugio presso il re di Sciro Licomède, che tuttavia – accordatosi con Menesteo – avrebbe ucciso l’eroe con un tranello. Solo dopo la morte di Menesteo i figli di Teseo, che avevano riparato in Eubea, ripresero il regno di Atene e garantirono la continuità di una dinastia che si concluse soltanto con Timète.

[Federico Condello]