Èracle
(gr. Heraklês, lat. Heracles/Hercules)

Genealogia
Figlio di Zeus e della tebana Alcmèna, che fu sedotta dal dio durante l’assenza del marito Anfitriòne, impegnato in una guerra contro i Telebòi: Zeus ne assunse le fattezze e fece sì che la notte d’amore fosse prolungata per tre intere giornate, grazie alla connivenza del dio Elio (Sole) e della dea Selène (Luna). Al suo ritorno, anche Anfitrione si congiunse ad Alcmena, che dunque rimase incinta di due figli: Eracle e Ìficle. Anfitrione, pur venendo a conoscenza dell’inganno perpetrato ai suoi danni, perdonò la moglie e accettò la paternità di entrambi i nascituri.

Infanzia e adolescenza

Zeus intendeva fare di Eracle il futuro re di Micène, e dichiarò solennemente che il prossimo nato dalla stirpe dei Perseidi (cioè dei discendenti di Pèrseo) avrebbe avuto il trono della città. Ma Era, volendo vendicare l’adulterio e ricorrendo ai servigi di sua figlia Ilìzia (Eiléithuia), dea delle nascite, prolungò la gravidanza di Alcmena in modo che il primo bambino a nascere dalla stirpe dei Perseidi fosse Eurìsteo, figlio di Stènelo e di Nicìppe e anch’egli discendente da Perseo. Zeus, obbligato dal suo solenne proclama, dovette fare di Euristeo e non di Eracle il re di Micene. La nascita e i primi mesi di vita di Eracle sono oggetto di diverse leggende: secondo i più, il bambino avrebbe strangolato, ancora nella culla, due enormi serpenti inviati da Era affinché lo uccidessero; secondo altri, Era allattò inconsapevolmente il piccolo Eracle, depostole sul seno da Ermes per volontà di Zeus, che voleva far bere al proprio figlio latte immortale: le gocce sfuggite alla poppata avrebbero formato la Via Lattea; altri ancora ritengono che Era abbia volontariamente allattato il bambino, che tuttavia le ferì il seno succhiando con troppa forza: scagliato via per la rabbia, Eracle sarebbe stato raccolto da Atena e restituito ad Alcmena. Unanimi sono invece le fonti nell’attribuire l’educazione di Eracle a Èurito, ad Anfitrione, al Centauro Chiròne e al poeta Lino, che sarebbe stato ucciso da Eracle stesso in un momento di rabbia, perché bacchettato e rimproverato dal maestro (Diodoro Siculo III 67).

Prime imprese di Eracle

La prima impresa eroica di Eracle diciottenne è in genere indicata nell’uccisione del leone del Citeròne, che attentava alle proprietà di Anfitrione e del re di Tespi Tespio; quest’ultimo, che ospitava l’eroe, fece in modo che egli, puntualmente ubriaco, giacesse ogni notte con una delle sue cinquanta figlie: nacquero così i Tespiadi. Dopo l’uccisione del leone, Eracle si scontrò con gli araldi di Ergìno, re di Orcomeno, che pretendevano da Tebe il pagamento di un pesante tributo: sconfitti e mutilati gli araldi, Eracle si scontrò con l’esercito degli Orcomeni e lo sconfisse alla guida dei Tebani. Per ricompensa, il re di Tebe Creonte gli concesse la mano della figlia Mègara, mentre un’altra figlia andò sposa ad Ificle.

Eracle e Megara

Dal matrimonio di Eracle e Megara nacquero diversi figli (tre o più secondo le fonti), che l’eroe uccise, insieme ai figli di Ificle e alla propria moglie, in un accesso di follia causatogli da Era. Solo Ificle, il padre Anfitrione e il nipote Iolào – futuro compagno delle imprese di Eracle – furono risparmiati per il diretto intervento di Atena. Recatosi a Delfi per purificarsi dal proprio orrendo delitto, Eracle ricevette dalla Pizia l’ordine di porsi al servizio del re di Micene Euristeo. Una volta eseguiti i compiti assegnatigli, Eracle avrebbe ottenuto l’immortalità. È in questa occasione, secondo alcune fonti, che il nome originario dell’eroe – Alcìde – sarebbe stato cambiato dalla profetessa delfica in Eracle («gloria di Era»: ma è probabile che il nome nasconda piuttosto la presenza di un’originaria coppia divina formata da una Dea Madre e da un figlio/sposo suo paredro (divinità ‘minore’ o semidio al seguito di una divinità principale), come spesso nella religione mediterranea). È da avvertire che la tradizione raccolta da Euripide nell’Eracle pone l’avvenimento in prossimità della morte dell’eroe, che avrebbe trovato sostegno – una volta riacquisita la lucidità e determinato a suicidarsi per il crimine commesso – nel re di Atene Teseo. L’uxoricidio e l’infanticidio, secondo tale versione, seguono immediatamente alla lotta vittoriosa di Eracle contro Lico, che in assenza dell’eroe aveva usurpato il suo potere e minacciato di morte la sua famiglia.

Le dodici ‘fatiche’

Secondo la versione meglio accreditata del mito, in séguito all’uccisione di Megara e dei figli, e all’ordine ricevuto dalla Pizia, ha inizio la più celebre saga legata al nome di Eracle, le cosiddette «dodici fatiche», ossia le prove che Euristeo impose a Eracle nel chiaro intento di causarne la morte. Natura, ordine e dettagli delle dodici ‘fatiche’ sono spesso sottoposti a notevoli variazioni nel corso della tradizione mitica. L’elenco più diffuso comprende in genere:

1) L’uccisione del leone di Nèmea, fratello della Sfinge, che uccideva uomini e animali; Eracle lo colpì con la clava che da allora costituisce uno dei suoi più stabili attributi (vistosa l’analogia con la vicenda di Teseo); dalla pelle strappata al leone Eracle ricavò la veste leonina che lo caratterizza pressoché universalmente nelle fonti letterarie e artistiche.

2) L’uccisione dell’idra di Lerna, mostro policefalo figlio di Echidna e Tifòne; Eracle fu coadiuvato nell’impresa da Iolao, che cauterizzava i colli decapitati del mostro affinché non ne rinascesse una nuova testa; Era cercò in tutti i modi di ostacolare l’impresa dell’eroe, che tuttavia uccise l’idra e nel suo veleno intinse la punta delle proprie frecce.

3) La cattura della cerva di Cerinèa, animale favoloso e sacro ad Artemide, che Eracle avrebbe inseguito per un anno intero prima di riuscire felicemente nella propria caccia.

4) La cattura del cinghiale dell’Erimanto, monte dell’Arcadia, che Eracle portò ancora vivo ad Euristeo.

5) La pulizia delle stalle di Augìa, re dell’Elide: infestate da un’immensa quantità di letame, furono deterse in un solo giorno da Eracle, che all’uopo deviò le correnti dei fiumi Àlfeo e Pèneo.

6) Uccisione degli uccelli del lago Stinfàlo, in Arcadia; Eracle riuscì nell’impresa grazie all’aiuto di Atena, che gli donò alcuni speciali sonagli, con i quali Eracle spaventò e quindi uccise i volatili che infestavano raccolti e abitati con i loro escrementi.

7) La cattura del toro di Creta, variamente identificato nelle nostre fonti con il toro che rapì Europa, con il toro che Poseidone fece inferocire per vendicarsi di un affronto subito da Minosse, con il toro di cui si era innamorata Pasìfae e da cui era nato il Minotauro. Eracle lo catturò e lo portò a Euristeo, che liberò l’animale (esso sarà ucciso, dopo numerose scorribande per la Grecia, da Teseo).

8) La cattura delle cavalle di Diomède, re trace che ai suoi animali dava da mangiare soltanto carne umana, procurata perlopiù con l’assassinio di ospiti e stranieri. Eracle diede da mangiare alle giumente lo stesse Diomede, e quindi portò gli animali, catturati durante il pasto, ad Euristeo.

9) La conquista della cintura di Ippòlita, regina delle Amazzoni: ella avrebbe volentieri concesso a Eracle il prezioso cinto, emblema di potere, ma un inganno di Era fece sì che le Amazzoni scambiassero Eracle per un nemico; l’eroe fu costretto ad affrontare e a sconfiggere le donne, strappando alla morta Ippolita la cintura. All’impresa, secondo alcune testimonianze, avrebbe preso parte anche Teseo.

10) Il furto delle mandrie di Gerìone, re di Erizèa/Èrite, isola di difficile identificazione vicino all’Oceano; Eracle la raggiunse con l’aiuto di una enorme coppa d’oro, donatagli da Elio, sulla quale poté attraversare il mare. In questa occasione Eracle fissò le cosiddette ‘colonne’ che da lui presero il nome, corrispondenti probabilmente all’attuale stretto di Gibilterra. Eracle uccise il cane Ortro, il guardiano Eurizìone e infine il re Gerione, che talune fonti rappresentano tricefalo. Durante una sosta in Italia, avrebbe ucciso sul sito della futura Roma il gigante Caco.

11) La cattura di Cèrbero, cane infernale, che costrinse Eracle a una discesa nell’Ade menzionata già da Omero (Iliade VIII 362-369; Odissea XI 601 ss.). In tale occasione Eracle compì diverse imprese: liberò Teseo, che si era recato agli inferi con Pirìtoo per rapire Persèfone; diede a bere sangue alle anime, scannando un bue di Ade e sconfiggendo in duello il bovaro Menèzio; liberò Ascalafo dal masso che lo teneva prigioniero; infine domò Cerbero a mani nude e lo portò a Euristeo.

12) La conquista dei pomi dorati delle Espèridi, che i più collocano in Libia, Apollodoro nell’estremo nord. Essi erano stati donati da Gea a Zeus in occasione del suo matrimonio con Era, ed erano protetti da un drago policefalo figlio di Tifone e di Echidna. Durante il viaggio Eracle affrontò Cicno, figlio di Ares e di Pirène; catturò Nèreo, dal quale ebbe importanti informazioni per la sua impresa; vinse in duello Antèo, figlio di Gea, mantenendolo sollevato dal suolo, perché il contatto con la madre terra gli avrebbe restituito invincibile vigore; uccise in Egitto il re Busìride, che soleva sacrificare solennemente uno straniero per scongiurare la carestia; sul Caucaso liberò Promèteo dalla sua prigionia; infine, ottenne l’alleanza di Atlante aiutandolo a sostenere la volta celeste: mentre Eracle si sottoponeva a tale carico, Atlante sottrasse i pomi dorati alle Esperidi, ma solo con l’inganno Eracle riuscì a farseli dare e a costringere Atlante a riprendere sulle proprie spalle la volta celeste.

Altre imprese di Eracle

Al di là delle dodici fatiche tradizionalmente attribuite all’eroe, Eracle è protagonista di numerose altre vicende, che le fonti coordinano variamente fra loro: così la sua lotta vittoriosa contro i Centauri, uno dei quali, Eurizìone, aveva tentato di usare violenza alla figlia di Dessàmeno; così l’uccisione del re Amìntore, che aveva negato a Eracle la mano della figlia Astidamìa; così ancora la discesa agli inferi per liberare Alcesti, moglie del re di Fere Admèto, e la guerra contro Troia, sotto il regno di Laomedonte, che si era rifiutato di donare a Eracle i suoi cavalli a ricompensa dell’avvenuta liberazione di Esìone, figlia di Laomedonte destinata in sacrificio a Poseidone (in questa occasione Eracle sarebbe stato accompagnato da Telamòne, padre di Aiace).

Eracle è inoltre annoverato fra i partecipanti all’impresa degli Argonauti: egli avrebbe abbandonato il viaggio prima di giungere in Colchide, poiché la nave Argo si rifiutava di portare ancora il peso sovrumano di un tale eroe.

Eracle e Deianira: la morte dell’eroe

In Etòlia, presso la città di Calidone, Eracle prese in moglie Deianìra figlia del re Èneo (Oinéus) – così egli aveva promesso, nell’Ade, a Meleagro – dovendo prima affrontare in combattimento il fiume Achelòo, innamorato della donna; Eracle dovette ancora difendere la moglie dal Centauro Nesso, che tentò di violentarla mentre l’aiutava nel guado del fiume Evèno: Eracle uccise il centauro con una freccia, ma il mostro morente fece in tempo a donare a Deianira una pozione che egli le disse d’amore. È ad essa che la donna ricorse quando Eracle si innamorò di Ìole, la figlia del re di Trachis, Èurito, che Eracle ottenne dopo aver lottato e vinto contro il padre (in questa occasione Eracle uccise per errore Ìfito, uno dei figli di Eurito che si erano schierati dalla sua parte; per purificarsi, Eracle si recò a Delfi, ma non ottenendo risposte soddisfacenti minacciò di abbattere l’intero tempio; allora la Pizia gli impose di servire per tre anni sotto il comando della regina Ònfale, in Lidia, al cui volere Eracle si sottomise al punto di vivere in abiti da donna e dedito a lavori femminili). Quando Deianira vide tornare Eracle con Iole, intinse della pozione donatale da Nesso una tunica da donare al marito, senza sapere che questo ne avrebbe causato la morte fra atroci spasimi. Deianira stessa si suicidò per il senso di colpa.

La vicenda, narrata nelle Trachinie di Sofocle, vede la fine dell’eroe, che pur tra i dolori prepara il proprio rogo e impone al figlio Illo, avuto da Deianira, di prendere in moglie Iole. Alla cerimonia funebre partecipò anche Filottète, il solo che secondo alcune testimonianze ebbe il coraggio di dar fuoco alla pira, e che perciò ricevette in eredità le armi dell’eroe. Subito dopo la sua morte, Eracle fu tratto sull’Olimpo, dove si pacificò con Era e ne ricevette in sposa la figlia Ebe.

Interpretazioni del personaggio

Con Eracle siamo certo dinanzi al più famoso e celebrato degli eroi greci, che pure si segnala per alcuni aspetti anomali: per esempio l’assenza di una sepoltura eroica precisamente ubicata, a fronte della diffusione panellenica del suo culto. Nel corso dell’Ottocento, gli storici delle religioni hanno creduto di individuare in Eracle un eroe caratteristico delle stirpi doriche, il cui arrivo in Grecia era del resto noto agli antichi come il ‘ritorno degli Eraclidi’: in realtà il culto dell’eroe appare tutt’altro che limitato all’àmbito dorico, ma conosce una diffusione senza pari.

E accanto all’Eracle eroico della tradizione mitica, andrà ricordato l’Eracle buffone, ghiottone e vitalistico della tradizione comica, l’Eracle filosofico di un celebre apologo narrato dal sofista Pròdico (Eracle al bivio), che vedeva nell’eroe l’uomo avviato sulla strada stretta della Virtù, opposta alla strada larga del Vizio (è questo un aneddoto destinato a lunga fortuna in ambito filosofico-morale); infine, l’Eracle della tradizione cristiana, che in lui vide l’immagine di un uomo che attraverso le pene e la sopportazione giunge sino al cielo: non a caso, Eracle compare come soggetto in numerose pitture paleocristiane.

[Federico Condello]